Convinti da Rousseau che il culto fosse questione di polizia perché la pura fede sarebbe sempre stata libera, i giacobini tutti pensarono di risolvere i problemi religiosi con il giuramento costituzionale dei preti. Quando il vescovo Gobel si presentò alla Convenzione per abiurare la Chiesa cattolica, venne mandato alla ghigliottina. Doveva essersi venduto all’Inghilterra puritana e cercare di farli fessi, non c’era altra spiegazione possibile. L’abate Grégoire che mai smise di dire messa, aveva invece aderito al terzo Stato e giurato sulla Costituzione. Questo si che era un patriota. Il risultato? Che persino Danton si fece sposare da un prete refrattario e poi la Vandea. I giacobini pensavano come Rousseau che solo loro avessero una fede, tutti gli altri erano al massimo ipocriti. Senza accorgersene il giacobinismo, altro che terrorista, allevò coloro che poi lo avrebbero sepolto, i cattolici che refrattari o meno che fossero, restavano prima di tutto il principale partito in Francia con sottane, croci e paramenti.
Quasi inevitabile che i giacobini siano stati dimenticati, perseguitati e poi trattati con disprezzo, vedi ancora ieri uno dei fondatori del Partito democratico, il senatore Todini. Il senatore è tornato alla ribalta puntando il dito contro “il centralismo giacobino”. Sarebbe un errore gravissimo ha detto, lasciare alla destra l’autonomia differenziata, dal momento che è stato proprio il pd ad averla voluta cambiando persino la Costituzione. “E aveva ragione!”. Todini è già pronto alla guerra santa. Chiamare a campana i tanti sostenitori del vecchio disegno federalista e far fallire il referendum e le velleità neogiacobine della segreteria nazionale. Non per dire, ma dal primo momento ci eravamo permessi di fare presente che era piuttosto curioso volersi buttare in una campagna referendaria con due partiti, uno che aveva riformato il Titolo V, l’altro che aveva promosso la legge che il referendum dovrebbe abolire. Un po’ come affidare la guida della giovane Repubblica francese direttamente alle mani dell’abate Grégoire.
Il centralismo giacobino per la verità non ebbe un fondamento teorico, nessun pensatore del settecento era più contrario al dispotismo di Rousseau e i giacobini che erano tutti rousseauiani, da madame Roland a Robespierre, passando per Barnave, aprono la Rivoluzione con la grande festa nazionale della Federazione. Solo che poi Avignone si fa papista, Marsiglia insorge, a Tolone sbarcano gli inglesi, Lione batte la bandiera realista, Nantes costituisce un’armata di preti. Con la pressione tedesca alle frontiere, Parigi concentra tutti i poteri. La situazione italiana di oggi per quanto possa apparire drammatica. non rasenta simili livelli e quindi non c’è ragione di agitare come Todini il fantasma giacobino. Ai bei tempi, Todini se la sarebbe presa con il comunismo, un centralismo più recente insomma. In ogni caso, attenti a radicalizzare lo scontro. Anche il referendum spacca il paese e poi magari, il referendum bisognerebbe vincerlo. E se fra i promotori si annidano quelli che ancora ce l’hanno con il centralismo giacobino, stiamo freschi. Non per citare necessariamente qualcuno ma sembra quasi di scorgere “sotto il cappello frigio dei sanculotti, i tacchi rossi degli aristocratici”.
Vizille, Musée de La Révolution française, Sylvie Behaeghel