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Due piazze per una pace completamente diversa

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
6 Novembre 2022
in L'editoriale
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Le due manifestazioni per la pace che si sono svolte a Roma e a Milano, sono fra loro molto diverse. A Milano, lo ha spiegato in maniera impeccabile Carlo Calenda, si è manifestato contro l’invasione russa e a sostegno della resistenza ucraina. A Roma le parole di Conte ed i fischi a Letta testimoniano l’esigenza di arrivare ad una soluzione diplomatica sulla base del disarmo ucraino. La posizione espressa dalla piazza di Milano può non piacere ma ha il pregio di una linea coerente, ovvero la pace avviene tramite una vittoria Ucraina sul campo, come si sta consumando, oppure, al Cremlino nel caso il governo russo venisse rovesciato da un colpo di Stato. Gli insuccessi militari hanno sempre avuto conseguenze drammatiche sulle dittature ed in Russia più che in ogni altra parte al mondo.

La posizione espressa dalla piazza di Roma è per la verità molto più complessa di quello che appare, per la ragione che se l’Italia può concorrere con efficacia a sostenere lo sforzo bellico ucraino, il solo disimpegno italiano non fermerebbe la guerra. È probabile che persino Conte questo lo comprenda dal momento che è comunque disponibile ad aiuti di altro genere, per cui se continua l’esigenza di mandare aiuti, significa che la guerra non si fermerebbe. E non si fermerebbe perché tutti i paesi dell’ex Unione sovietica, esclusa l’Ungheria, sosterebbero lo sforzo bellico ucraino in quanto minacciati dall’espansionismo russo.

Questo è però l’aspetto che i signori che con Conte chiedono di cessare l’invio delle armi non considerano. L’Italia che decide di sottrarsi al sostegno militare degli ucraini, potrebbe forse ottenere un qualche atteggiamento di favore economico da parte dei russi, ma non sarebbe in grado di incidere minimamente sulle sorti del conflitto. Piuttosto, l’Italia dovrebbe incrinare l’asse atlantico, uscire dalla Nato e proclamare la neutralità. È questo evidentemente l’obiettivo politico che persegue Conte, mentre non si comprende se Letta ne ha in mente qualcuno o vada a rimorchio.

Una spaccatura atlantica come strategia italiana agevolerebbe sicuramente la Russia, senza però portare alla pace, anzi. La guerra continuerebbe comunque, magari più duramente dal momento che la sosterrebbero soltanto determinati paesi con la necessità di aumentare la loro esposizione bellica. Diverso sarebbe se Conte ed i suoi amici trovassero una sponda negli Stati Uniti, magari in un ritorno sulla scena di Trump che secondo indiscrezioni della stampa, che davvero non siamo in grado di confermare, avrebbe un accordo con Putin sull’invasione dell’Ucraina. Resterebbero i dubbi profondi su un disimpegno statunitense nel caso di Trump nuovamente alla Casa Bianca, ma non si può impedire a chi lo desideri di sperarlo. Siamo nel campo delle possibilità e dei lontani sviluppi futuri. Perché mai escludere che il disimpegno italiano chiesto da piazza San Giovanni potrebbe comunque aprire una falla nel sistema atlantico e invogliare più soggetti internazionali a seguirlo? Questa la prospettiva, a medio lungo termine. Oggi come oggi, utile semplicemente ad un isolamento dell’Italia, mentre la guerra continua. Poi magari l’Ucraina la vince davvero e l’Italia passerebbe come voltagabbana. Facevano meglio a votare subito contro le armi all’Ucraina i pacifisti di piazza San Giovanni, almeno per risparmiarsi la figuraccia.

Foto Timisu

Tags: CalendaConte
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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