Se il socialismo è il futuro dell’umanità, come si sosteneva nel primo Novecento, oggi quale è il futuro del socialismo? Ne abbiamo parlato col segretario Enzo Maraio, alla vigilia del congresso del Partito Socialista Italiano. Un congresso che vuole aprire una nuova fase del PSI, senza dimenticare le proprie radici, portando avanti una visione europeista, democratica, garantista, vicina alle grandi democrazie occidentali e capace di conciliare diritti civili e questione sociale, l’interesse nazionale e la cooperazione europea. Una visione del socialismo che in Enzo Maraio si può riassumere nella massima di Filippo Turati, per cui il fine del PSI è quella: “sacra immortale libertà: per essa il socialismo vivrà, senza essa non sarà”. Una sacra libertà che deve essere il valore fondante per riunire le forze democratiche e riformiste del paese.
Segretario Maraio, “Una lunga storia per ripensare il futuro” è il titolo della mozione congressuale che ha presentato in vista del congresso del PSI. Da dove devono ripartire, secondo lei, le forze storiche del paese per ritornare centrali nel dibattito politico attuale?
«Il titolo della mozione che presenterò al congresso di Roma nei giorni 15, 16 e 17 luglio è la chiave di lettura di una politica che deve necessariamente riannodare il filo del passato, sul piano dei valori e dei contenuti, e mettere definitivamente in soffitta le pulsioni populiste che in questi ultimi anni hanno generato false illusioni ai cittadini. Noi socialisti siamo molto orgogliosi del nostro pantheon di donne e uomini che sono stati punti di riferimento per la crescita culturale e sociale del nostro Paese. Donne e uomini il cui bagaglio di meriti oggi viene vilipeso da una politica gridata sui social. Una politica dai contenuti brevi che, nello spazio di un tweet, sa giocare solo con il sentiment della gente ma nasconde tutto il vuoto di valori. La nostra “lunga storia”, al contrario, ci offre l’opportunità di immaginare il futuro. In un tempo come questo, in cui anche i valori reazionari del grillismo hanno dovuto abdicare alla necessità di fare politica e farla con responsabilità, è chiaro che soprattutto i partiti “tradizionali”, che hanno nei loro dirigenti una lunga storia di valori e contenuti, hanno il compito di trovare le soluzioni. Ed è questo il punto di partenza: sapere chi è più titolato, oggi, a parlare di riformismo e di valori sociali. E non lo sono di certo forze che nascono e si mantengono sul leaderismo dei singoli».
Quanto sono attuali i valori socialisti e riformisti nello scenario attuale?
«I nostri valori erano attuali dalla fine dell’Ottocento in poi e lo sono tutt’oggi. Lavoro, economia, ambiente, scuola, certo il mondo non è più quello che, ad esempio, viveva Filippo Turati. Ma le sue idee, concrete, sono ancora oggi attuali. Penso agli Stati Uniti d’Europa, suggestione valida ancora di più oggi. È necessario confrontarsi con una società che evolve e farlo con quello sguardo largo e laico che ci consente di essere attenti alle disuguaglianze e ai diritti civili. Viviamo in un presente pericolosissimo, dove c’è chi attenta alle conquiste storiche del Paese. La recente decisione della Corte Suprema in America sull’aborto ne è un esempio. Per questo, unitamente agli impegni contingenti che bisogna affrontare con responsabilità, non dobbiamo arretrare sulle riforme che il Paese ci chiede. Non si tratta di essere di destra o di sinistra, ma di avere buonsenso».
Quali sono i suoi riferimenti culturali?
«La storia del socialismo è la storia d’Italia. Faccio mie le parole di Andrea Costa quando nella lettera agli amici di Romagna spiegò bene il concetto: “Noi ci racchiudiamo troppo in noi stessi e ci preoccupiamo assai più della logica delle nostre idee e della composizione di un programma rivoluzionario, anziché dello studio delle condizioni economiche e morali del popolo e dei suoi bisogni sentiti e immediati”. Ecco: lo studio delle condizioni economiche e morali del popolo sono stati sempre un fondamento per tutti i grandi socialisti, da Turati a Anna Kuliscioff passando per Giacomo Matteotti fino a Sandro Pertini e Bettino Craxi».
Di fronte alle tensioni che stanno disgregando le coalizioni di centro destra e centro sinistra, vede possibile la creazione di una forza moderata ed equidistante da esse?
«Molto dipenderà dalla legge elettorale con la quale si andrà al voto alle prossime elezioni politiche. Noi siamo convintamente sostenitori di una legge in senso proporzionale, con il ripristino delle preferenze, necessaria a superare l’attuale sistema maggioritario, che non ha garantito né stabilità né governabilità. Con quella attuale, che considero tra le più problematiche in assoluto, c’è una forte spinta a fare le coalizioni per vincere le elezioni, salvo poi ritrovarsi le contraddizioni all’indomani del voto con fibrillazioni, continui trasformismi e contrapposizioni che impediscono una vera stabilità ai governi. È la storia degli ultimi anni. In queste condizioni e con questo sistema mi sembra velleitario pensare a terzi poli in una condizione che, di fatto, vede riaffermarsi il bipolarismo tra destra e sinistra. La prospettiva politica per noi auspicabile è che i partiti della sinistra democratica e riformista, ancora oggi dispersi nel nostro Paese, uniscano le forze nelle forme possibili e lavorino ad un programma in cui i valori e le idee del socialismo europeo portino alla riduzione delle diseguaglianze e al miglioramento della qualità di vita per le persone. Un timone serio per un’alleanza e una coalizione da fare con un polo liberale e democratico, e con uno ambientalista sul modello di molti governi che lavorano bene in alcuni Paesi europei».
Come valuta la proposta del nostro segretario di una costituente repubblicana di forze democratiche, liberali e riformiste?
«Proprio per quanto dicevo prima, mettere a confronto e costruire un’alleanza tra le forze democratiche, riformiste, liberali e socialiste, potrebbe essere un punto di ripartenza serio e di riorganizzazione di un centrosinistra moderno e di governo. Soprattutto oggi, poiché per mettere in sicurezza il Paese è necessario sconfiggere le forze populiste e sovraniste che si sono schierate apertamente contro l’Europa in questi anni».
E che indirizzo dovrebbe avere tale alternativa?
«Una chiara posizione europeista e filo atlantista. A maggior ragione oggi, dopo la conferenza sul futuro dell’Europa e con la guerra in Ucraina, è necessario che gli Stati democratici abbiano governi che guardano all’Europa».