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Evitiamo di aprire la crisi istituzionale permanente

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
22 Aprile 2023
in L'editoriale
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Quello che bisogna evitare da qui al 25 aprile è di venir trascinati in un dibattito surreale sul fascismo e l’antifascismo. Il fascismo è un fenomeno politico che si è concluso ingloriosamente nel 1943 con una rivolta di palazzo. La cosa più singolare di questa rivolta di palazzo fu l’assenza di una proposta alternativa. Né la corona, né coloro che rovesciarono Mussolini con il voto del Gran Consiglio sapevano esattamente cosa fare il giorno dopo. Lo spettacolo fra opportunismi di ogni tipo fu impietoso. Una volta portato il paese alla rovina, il re ed i fascisti divennero delle macchiette. Mussolini definì se stesso, vi sono le lettere autografe, “un defunto”, ed era una descrizione per una volta appropriata, ridotto come si trovò, dopo la fuga dal Gran Sasso, nelle mani di Hitler. Salò fu un governo farsa in cui il duce era il primo a non credere. Questa vicenda penosa venne chiamata comunemente “nazifascismo” e costò un ulteriore doloroso, quanto inutile, spargimento di sangue. È la parte più raccapricciante della guerra che con l’ingresso degli americani non offriva più nessuna possibilità realistica di vittoria delle forze dell’Asse, come compresero abbastanza presto i gerarchi fascisti e poi, tempo ancora un anno, persino gli stessi comandanti della Wermacht, tanto che organizzarono il loro fallimentare colpo di Stato.

Il nazifascismo, cioè l’inversione completa del rapporto politico che legava Hitler e Mussolini, dove il secondo è dominato dal primo, è la parte più tragica di tutta la vicenda. In Italia significa la guerra civile. Se Mussolini fece fucilare i suoi vecchi sodali, non mancarono strascichi di sangue inquietanti nella stessa resistenza. I partigiani comunisti assassinano il repubblicano Marino Pascoli, per non parlare di quello che avvenne alla brigata Osoppo. Il governo del Cln varò l’amnistia generale già nel 1946 e l’Assemblea Costituente, dimostrò gli stessi sentimenti di indulgenza del Cln. Viene vietata la ricostruzione del partito fascista, disposizioni transitorie e finali, ma si consente che passato un tempo di cinque anni dalla promulgazione della Costituzione, persino “i responsabili del regime fascista” possano partecipare alla vita politica democratica. I reduci di Salò si fecero il loro partito e contestarono liberamente il nuovo regime, che era ed è rimasto antifascista. Non c’è nessun bisogno che la Costituzione ponga l’antifascismo all’ordine del giorno, per la semplice ragione che il fascismo non è costituzionale. Il fascismo è solo un’ avventura finita male. Se poi i nostalgici del fascismo, fatti loro, conquistassero democraticamente il governo dello Stato antifascista, cavoli nostri, per evitare un nuovo contenzioso, bisogna rispettare alla lettera l’ordinamento preposto e badate che su questo non ci può essere discussione. Se viene meno questa ortodossia della condotta democratica si apre il baratro.

Il presidente del Senato La Russa è da troppo tempo uomo delle istituzioni della Repubblica per non rendersi conto della delicatezza e complessità di tutta questa materia e poiché non vi sono ragioni per discutere della sua condotta democratica, ricordiamo gli scapaccioni tirati ai militanti di An che facevano il saluto romano, è il caso che si attenga al massimo riserbo che gli impone il suo incarico. Egli è la seconda carica dello Stato di una Repubblica democratica antifascista. Il presidente del Senato ha già dovuto scusarsi recentemente per espressioni poco consone. Si risparmi scivoloni più rocamboleschi. Non è compito suo discutere del lessico costituzionale, osservi semplicemente i suoi giuramenti. Passati quasi ottant’anni, gli unici fascisti propriamente detti sono quelli che cercano di schiacciare la libertà altrui con i carri armati, e il partito di La Russa ha preso una posizione ammirevole a riguardo. Figuratevi se i vecchi, sinceri, antifascisti che pure hanno consentito ai reduci di Salò di partecipare alla vita democratica, possano oggi essere contrari alla pacificazione nazionale. La propose il presidente Violante già alla fine del secolo scorso. Ognuno in Repubblica può tenere in casa i cimeli dei suoi genitori o quello che preferisce. L’importante è che non ci sia un solo dubbio su chi ha vinto e chi ha perso la guerra civile, e soprattutto su chi aveva ragione e chi proprio la ragione l’aveva calpestata sotto i tacchi.

Foto Galleria presidenza della Repubblica

Tags: antifascismoLa Russa
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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