«Che diavolo vuoi fare? Chi diavolo vuoi essere? […] Decidi! O fai la Legge o la subisci! Chiaro?!».
Così, in questa battuta fatta pronunciare a Roy Cohn, c’è buona parte dello spirito dell’Ol’ Grand Party. Tony Kushner, drammaturgo newyorkese profondamente radicato nelle proprie radici ebraiche, è l’autore più celebrato del nostro dopoguerra. Di sicuro il suo «Angels In America» è il testo più rappresentativo della nostra contemporaneità. I temi sono universali ed eterni. È questo il dannatissimo punto.
Scritto nei primissimi anni novanta e da allora ininterrottamente messo in scena in tutto il mondo, il dramma (della durata di sette ore!) è ambientato in una NewYork dinamica, vivace e colpita dell’Aids. Siamo nei middle eigthies. C’è l’esplosione dell’HIV e del reaganismo. Mentre si festeggiano le libertà la comunità gay è colpita dalla malattia. È una lotta feroce, disperata, tra la vita e la morte. Tra il concetto di Bene e quello di Male. Tra il “progresso” e il “conservatorismo”. Tra i Democratici e i Repubblicani. È un dramma sull’esistenza. Sui “corpi”. Sui segni e sulle ferite che la vita infligge sulla pelle.
Il plot è esplosivo, tutto composto di contrasti. Coppie che scoppiano. Uomini con uomini, uomini con donne che poi vanno con altri uomini. Maggioranze, minoranze. Ebrei, mormoni e protestanti.
Prior scopre di essere malato, è ebreo come il suo compagno Louis. Ma Louis non accetta la Malattia, la nega, fugge. Eppure è ossessionato dal concetto di “Giustizia”… Non fa altro che ripetere che la Legge è tutto. Ma sulla loro strada, quella di Prior e Louis, capita proprio Roy Cohn! Sì, Roy Cohn, l’ex braccio destro di McCarthy e nel pieno del suo successo. È tra gli uomini del Presidente. Con una telefonata può distruggerti o salvarti. Roy è omosessuale ma lo nega. Quando il suo medico e amico gli conferma la diagnosi lui risponde così: “Sai qual è il tuo fottutissimo problema? È che sei terribilmente attaccato alle parole, alle definizioni!”.
Quando toccherà a lui, quando Roy morirà. A proposito, fu lui, inaugurando la Trump Tower nel 1986, a dire “Quest’uomo sarà il futuro Presidente degli Stati Uniti d’America!” sarà proprio Luois, per una serie di circostanze a pronunciare l’orazione funebre in ebraico: Cohn era ebreo.
Nel frattempo a Prior viene consegnata la Missione. Un angelo sexy e punk gli consegna il LIBRO!
Lui, ebreo, diviene così Profeta. Ma è un ruolo che non accetta. E così va “lassù” e in un paradiso che somiglia a un ufficio comunale, con tutti gli angeli intenti a sbrigare pratiche, sbatte il LIBRO sul tavolo e rifiuta la Missione: “Ditegli pure che non voglio. Anzi, ditegli che deve pagare per tutto questo!”.
L’Angelo vorrebbe fermare gli umani. Ma Prior rivendica tutto il suo dolore come parte della vita stessa. Come espressione della vita. Non si ferma la vita. Neanche con la morte.
Nel 2002 il dramma diviene una lunga fiction televisiva diretta da Mike Nichols (Il Laureato) e magistralmente interpretata da un cast stellare. Al Pacino nei panni di Roy Cohn è irresistibile. Emma Thompson (l’Angelo), Meryl Streep e altri bravissimi performer. La serie ottiene ben 5 Golden Globe. Viene trasmessa poi in Italia, in Germania, in Francia, in Inghilterram in Spagna, in Ungheria, in Austria, in Nuova Zelandia, Olanda, Belgio,Bulgheria, Romania, Australia… Nel frattempo Kushner ottiene il Premio Pulitzer…
In Italia approda contemporaneamente in Rai e in teatro. Elio De Capitani ne cura da vent’anni la messa in scena. «Angels in America» viene definita la Divina Commedia tragica e laica dei nostri tempi.
«Vorrei uscire dalla vita con grazia e eleganza» (cit. Prior)
Il testo è stato pubblicato da Ubu Libri. E scoppia di vita. Non ci resta su uno scaffale…