Che senso ha la Giornata della memoria nel ventunesimo secolo? Se oggi ricordare la Shoah ha ancora un senso ce l’ha nell’insegnare, soprattutto alle nuove generazioni, che l’antisemitismo non è affatto morto. Semmai ha allargato il suo raggio d’azione, si è aggiornato ai tempi, usa canali di comunicazione differenti, astuzie differenti.
È un’Idra dalle molte teste, la più pericolosa delle quali è proprio quella che vuole limitare il senso della giornata della memoria al solo ricordo della Shoah. Il motivo è chiaro, reiterare il ricordo di una immane tragedia in modo automatico, lo rende sterile, noioso. Ed è esattamente l’allarme lanciato dalla Senatrice Liliana Segre. Su molte piattaforme social si leggono commenti annoiati, alcuni addirittura infastiditi. Che senso ha parlare di qualcosa che è accaduto quasi ottanta anni fa? Che tutti vedono, oramai, archiviato dalla storia. Che i ragazzi del liceo difficilmente arrivano a studiare? Chiaramente ciò dovrebbe porci in allarme. Sottovalutare l’importanza che la memoria ha nel prevenire il ripetersi delle tragedie dimostra quanto immatura sia ancora la nostra società. Ma non basta. In Russia, la chiesa ortodossa, è tornata ad essere fortemente politicizzata. È intervenuta, e continua ad intervenire, nella guerra, attraverso le parole del Patriarca Kiril. E sappiamo quanto forte sia stato l’antisemitismo nella Chiesa Ortodossa Russa. D’altronde, i rigurgiti neonazisti di alcuni ambienti politici ucraini non lasciano ben sperare riguardo l’antisemitismo politico collegato al mito del Nazionalsocialismo. Ed anche lì dovremmo ben ricordare cosa fecero gli ucraini durante il pogrom di Odessa. Ma sull’altra sponda dell’Atlantico le cose non sembrano essere migliori. Le idee xenofobe e complottiste della estrema destra, dei gruppi come Q-Anon non fanno mistero di vedere in non meglio identificate Lobbies ebraiche l’origine di tutti i mali, riecheggiando così i concetti di “complotto ebraico mondiale” tanto diffusi, in America, nel ‘900 e propagandati da Henry Ford. Allora, che senso ha oggi, ricordare la Shoah? Soprattutto per noi repubblicani ha lo scopo di ricordare al mondo, in primis alla società italiana, che sembra aver dimenticato la promulgazione delle infami leggi razziali, che gli ebrei italiani sono, di questa società, una parte fondante e fondativa. Che nel nostro risorgimento hanno versato, in proporzione, più sangue di ogni altra comunità. Che hanno contribuito in maniera fondamentale alla vittoria nella I Guerra Mondiale. Che sono stati resistenti e ferventi repubblicani.
Ma soprattutto ha lo scopo di ricordare che il popolo ebraico è, in sé, Nazione. E che, come ci ha insegnato Giuseppe Mazzini, ogni Nazione ha il diritto di autodeterminarsi nel suo Stato, libero ed indipendente. La piena autodeterminazione del popolo ebraico, dopo quasi duemila anni di esilio forzato, si è potuta ottenere solo grazie al Sionismo che proprio al Risorgimento Italiano si è ispirato per creare le sue basi fondative. Teodoro Herzl, ammiratore incondizionato di Mazzini, vide nel concetto di Dio e Patria, la perfetta sintesi dello Stato Ebraico.
Il nuovo antisemitismo, al contrario, rifiuta di attribuire al Popolo Ebraico la dignità di Nazione.
Ma cosa identifica una Nazione? Un popolo è Nazione quando è accomunato da una specifica cultura, una specifica tradizione, una specifica lingua, uno specifico alfabeto, una specifica religione. Se non sono caratteristiche del popolo ebraico queste, è difficile individuarne un altro. Ma l’antisemitismo è subdolo, riesce a rivoltare contro le vittime i loro stessi patimenti. E l’esodo forzato, l’esilio, l’essere stati sparsi ai quattro angoli del mondo, è diventata una colpa. Aver acquisito caratteristiche dei popoli nei quali cercavano rifugio li ha resi, nei pretesti antisemiti, alieni nella loro terra.
Essere riusciti a ritornare viene oggi spacciata come una operazione coloniale, imperialista. Dimenticando che la democrazia israeliana ha preso il posto di due imperi, quello Ottomano e quello Britannico, ed oggi è un’isola circondata da dittature, monarchie e teocrazie. Artefici principali di questo antisemitismo moderno sono i gruppi vicini al nazionalismo arabo della Fratellanza Musulmana, storicamente vicini alla Destra Occidentale. Gruppi che stanno penetrando in Occidente attraverso gli imam di alcune moschee in grandi città europee. Città come Marsiglia, come Malmö, come Bruxelles. Ed i gruppi della sinistra radicale eredi dei partiti comunisti sostenitori del panarabismo nasseriano. Il vero paradosso, il vero rischio, sta nella pervasività di queste idee antisioniste che regolano l’azione di organizzazioni internazionali come Amnesty International e persino delle stesse Nazioni Unite. Il recente rapporto della Relatrice speciale Francesca Albanese, che vorrebbe, come precondizione, il ritiro unilaterale di Israele dai territori contesi, senza tenere in alcun conto le esigenze di sicurezza, sia interna, contro i gruppi armati palestinesi, sia esterna, contro avversari del calibro dell’Iran, che oggi hanno intere brigate meccanizzate al confine di Israele, nel Golan Siriano, ne è la dimostrazione plastica. Mettere Israele in condizione di inferiorità sembra essere diventata la missione delle Nazioni Unite. Quasi volessero obbligare gli ebrei ad una sorta di contrappasso per essere riusciti a resistere, per oltre 70 anni ad ogni tentativo di annientamento. L’ultima manovra politica, portata avanti da chi vuole annientare Israele ed il Sionismo è raffigurare Israele come uno stato nel quale si pratica l’apartheid, modificando ad hoc la sua definizione, in maniera che calzi perfettamente alla situazione degli arabi dei territori contesi.
Si è arrivati, addirittura, a parlare di apartheid fuori dai confini israeliani mentre, all’interno, si vuole negare che la presenza araba è in ogni ambito dello stato, persino nella Corte Suprema o al Parlamento. Presenza che ha permesso addirittura, ad un giudice arabo, di inquisire il presidente israeliano o a parlamentari arabi di sedere al governo. Strano apartheid davvero, quello israeliano.
La soluzione, che viene proposta infine, e che dimostra a questo punto, l’antisemitismo mascherato da antisionismo, è che Israele smetta di essere uno stato ebraico per diventare uno stato binazionale in cui, ovviamente, la parte ebraica diventerebbe presto minoranza, e pagherebbe fisicamente e socialmente la rivalsa del mondo arabo. Dubitiamo che qualcuno possa pensare ad una pacifica coesistenza, negli stessi confini, soprattutto se gli ebrei fossero minoranza, in uno stato privo della propria identità. L’annientamento degli ebrei conseguente alla realizzazione dello stato binazionale, sarebbe inevitabile e chiaramente prevedibile ma, ipocritamente, si fa finta che lo scopo sia quello di combattere il Sionismo.
Allora, ecco che, la Giornata della Memoria deve diventare il momento nel quale si comincia a parlare del rischio insito nell’antisionismo, nelle politiche che presentano Israele come il male del medio oriente, come uno stato razzista da abbattere. Queste sono le nuove menzogne, questo è il nuovo, vero antisemitismo.
Foto Editathon al Memoriale della Shoah nel Giorno della Memoria (Settimioma) | CC BY-SA 4.0