Alle ore venti della convulsa giornata di ieri lo speciale di Mentana aveva inviato le telecamere al Quirinale vista su strada. Ecco Draghi sta per arrivare e rassegnare le dimissioni al Capo dello Stato. Forse è già a colloquio con Mattarella, forse arriva in taxi, forse entra da una porta di servizio. E fermo immagini sulla strada svuotata dalla calura. La notizia in diretta. Lo speciale era titolato “il giorno più lungo” ed era lunga l’attesa per Draghi al Quirinale, che infatti non è salito al Colle. Ma a questo punto è inutile il passaggio alla Camera, si affettavano a specificare gli inviati di Mentana che già aveva descritto la fine parlamentare di un governo definito da lui principalmente extra parlamentare. Poi l’informazione che Draghi se ne era andato a cena e che non pensava assolutamente di passare dal Quirinale anche perché alle nove di stamattina si sarebbe presentato alla Camera. Mentana ha cambiato lo scenario, vai con la pubblicità. Ora con un po’ di buon senso deontologico, si potrebbe anche evitare lo speciale e la diretta ed attendere invece che anticipare gli eventi. Lo scriviamo tanto per, nella speranza che, qualche volta, la riflessione preceda l’azione. Sarebbe pure utile.
Il punto tecnico-politico della giornata di ieri è che il governo Draghi non è stato sfiduciato in Parlamento e che solo il movimento 5 stelle astenendosi, l’astensione al Senato corrisponde ad un voto contrario, ha bocciato il governo. Non partecipando al voto Lega e Forza Italia, hanno abbassato il quorum della maggioranza, ed infatti il governo ha avuto la fiducia. Se ci fosse la buonanima di Andreotti presidente del Consiglio al posto di Draghi sarebbe stato stappato lo champagne. Draghi ovviamente è un’altra pasta ma avendo incassato la fiducia al Senato, esattamente come l’ultima volta, si presenterà al voto della Camera. Dopo quel voto farà le sue valutazioni. La prima delle quali è che il movimento cinque stelle ha sfiduciato, con una forma involuta, ma certa, il governo dove siedono ancora i suoi ministri. Forza Italia, con buona pace del ministro Gelmini, no, diciamo che ha sospeso il giudizio, come usava fare nella Grecia antica lo stoico Pirrone. Poi per carità c’è tutto l’armamentario propagandistico già in pista, per cui se Conte aveva nove punti, Salvini ne avrà venti e Berlusconi perché no 50 e Letta si strapperà i pochi capelli e via con la solita tiritera. Il fatto politico è un altro e cioè che un governo ottenuta la fiducia al Senato andrà incontro al voto della Camera. Solo a quel punto vedremo maturare la crisi politica, che è ovviamente in atto e le sue conseguenze. Alla Sette pensavano che Draghi fosse il Berlusconi del 2011 o il Monti del 2014, sbagliando clamorosamente il tiro. L’unica cosa certa per ora è la dichiarazione dell’avvocato foggiano, “ci hanno messi alla porta”, e questo effettivamente può essere preso come un disastro. Ma vedrete che a qualcuno verrà in mente, bene, era finalmente ora. Perché Draghi se vuole uscire dalla porta ci uscirà con le sue gambe. Nessuno ce lo ha messo.
Foto Djedj | CC0