Il capo di Stato maggiore dell’Impero, Alan Brooke, visti i sorprendenti bollettini della Raf sui velivoli nemici abbattuti in tre mesi di guerra, telefonò al comando Caccia per sapere se le cifre fossero attendibili. Il maresciallo dell’aria, sir Hug Dowding, non si scompose minimamente di fronte alle contestazioni della Luftwaffe che gli vennero riferite. “Signore, la propaganda non mi ha mai appassionato. Nel caso avessimo torto, tempo una settimana, i tedeschi sorbiranno il te a Piccadilly”. Due settimane e i tedeschi interruppero l’operazione “Leone marino”, il primo grande fallimento di Hitler. Lo stesso vale anche per i rapporti sulle perdite russe in Ucraina.
L’ultimo bollettino fornito dalla Difesa di Kyiv dichiara più di 77mila soldati russi rimasti uccisi dall’invasione del 24 febbraio. 710 sono morti nella sola giornata di domenica scorsa. Le maggiori perdite per le forze di Mosca si registrano a Bakhmut e Avdiivka, nell’oblast di Donetsk, ovvero dove si concentra la controffensiva. I russi non sembrano nemmeno considerare una simile catastrofe, nonostante oramai circolino persino i video dove si vedono le distese di tombe dei loro soldati disseminate nei campi. Gli ucraini invece sono puntuali nel sottolineare le perdite del nemico ingenti in mezzi oltre che in uomini a voler testimoniare un impegno bellico russo deficitario, cosa che del resto si riflette nelle continue sostituzioni di vertici militari, senza considerarne la moria diretta in azione.
Eppure rispetto all’aggressione tedesca all’Inghilterra lo spettro di azione militare resta profondamente diverso. Per un paese come la Russia dovrebbe essere facile recuperare mezzi e uomini più di quanto lo fosse per il Terzo Reich considerando un tratto di mare che solo i romani riuscirono a superare con successo. Invece, questa è la notizia, preparare nuovi soldati per il fronte è persino più difficile di quanto fosse armare una nuova flotta aerea tedesca allora. La Russia non dispone di queste ingenti risorse umane sotto il profilo della qualità dell’addestramento militare e i corpi di élite sono stati quelli maggiormente colpiti in questi mesi. Putin è ridotto a far reclutare carcerati. La Germania di Hitler contava su uno spirito bellico che il Cremlino può scordarsi.
Questi argomenti rendono piuttosto difficile quella che il generale Angioni ritiene ipoteticamente una trappola russa pronta a scattare. Sotto un profilo tattico militare far credere ad un esercito superiore numericamente di non potergli resistere e ritirarsi è un movimento brillante. Angioni ha studiato Bonaparte. Non fosse che Bonaparte usava questa strategia quando era in forza inferiore, il che significherebbe che i russi sono già divenuti inferiori di numero e aspettano rinforzi. E quando disporranno di tali rinforzi? Sono stati già costretti a retrocedere rapidamente da migliaia di chilometri senza una qualche reazione significativa.
Perché Kherson possa segnare il momento del riscatto russo, occorrerebbe prima che le truppe siano state ripopolate, cosa che dalle informazioni che si dispongono non risulta, poi che i russi abbiano finalmente armamenti migliori, cosa che si esclude. Risulta invece che producano denti di drago, barriere di cemento armato da schierare come estrema risorsa per fermare i carri ucraini. In altre parole, i russi sono alla frutta. Con tutto il rispetto per l’esperienza teorica del generale Angioni, in queste condizioni, è più facile ritenere che Kherson non sia il primo abile passo per riequilibrare il conflitto, ma l’ultimo capitolo di una disfatta in corso.
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