Di tante che se ne sono viste ancora mancava una coalizione spaccata prima della formazione del governo. Benedetti figlioli, per lo meno aspettate di occupare le poltrone, di mettervi comodi, insomma, avrete tutto il tempo poi per litigare. Niente da fare. Nemmeno si sono seduti è già volano gli stracci. Il centrodestra ebbe un simile problema nel 2004, sempre con Berlusconi protagonista, quando in un vertice di maggioranza si scatenò contro l’Udc. Non fosse che all’epoca il governo era in piedi da tre anni, i ministri centristi ne avevano combinate di tutti i colori e Berlusconi per quanto furibondo non si lasciò scappare una sola testimonianza che non fosse nelle orecchie dei presenti a Palazzo Chigi. Oggi non solo la polemica viene riscontrata direttamente dai mezzi di informazione, ma è avvenuta persino sotto le telecamere e quello che è peggio, in occasione di un voto istituzionale. Come qualcosa del genere si possa ricomporre, lo sa solo il senatore Renzi.
Il potere è un grande cemento, ma anche sa dividere profondamente. Berlusconi non ha facilità, nemmeno all’età veneranda a cui è giunto, di fare il numero due, e la molto più giovane onorevole Meloni ha dimostrato di non aver nessun rispetto per chi più anziano le ha aperto la strada alla carriera. Può darsi che Berlusconi oggi ci pensi alla sua grande idea di aver riciclato la destra reietta della politica italiana, quella con cui il senatore Bossi non voleva nemmeno prendere un caffè. Tempo vent’anni i protagonisti di quella stessa destra non gli concedono nemmeno una presidenza del Senato. Figurarsi cosa gli potranno mai offrire dal governo! Verrebbe da credere che l’onorevole Meloni faccia prima a trovare un’intesa con Letta e Conte, piuttosto che con Berlusconi. E Berlusconi, altrettanto.
Poi uno può anche dirsi, ma possibile tutto questo a causa della senatrice Ronzulli? Berlusconi allora è forse impazzito? Non conviene tornare indietro ed in fretta? Purtroppo per la coalizione di centrodestra il problema è più complesso. Discende dalle adesioni politiche dei singoli partiti alle famiglie europee. La famiglia politica di Berlusconi, ad esempio, non vede di buon occhio Salvini e ancora meno la Meloni e soprattutto non li vede di buon occhio se dal primo momento si dimostra che Berlusconi non è in grado di influire su niente. Appena celebrato il suo ritorno in Parlamento, Silvio rischia di venire buttato fuori dal suo gruppo di appartenenza europeo, il Ppe. Non crediate che se ne infischi.
Quanto all’onorevole Meloni meglio avrebbe fatto a preoccuparsi del biglietto da visita con cui presentarsi in Europa. Ha appena votato come rappresentanti delle camere due esponenti politici estranei alle forze di governo europee, se non all’Ungheria di Orban, e quello striscione esposto per Fontana in aula, che lo denuncia come amico di Putin comporta un problema ulteriore per la sua coalizione e per lei ben peggiore di quello che si è visto srotolato su la Russa al Colosseo. Perché se il fascismo è consegnato agli archivi della storia, il putinismo è una minaccia attuale e concreta. Già non bastasse presentarsi al posto di Draghi senza la sufficiente autorevolezza. Ci voleva un presidente della Camera additato come sostenitore del capo del Cremlino, il nemico delle democrazie occidentali. Sai che spasso il futuro governo Meloni a Bruxelles, a Berlino, a Parigi. Se mai ci sarà un governo Meloni.