La linea di politica internazionale del governo italiano, quale è stata espressa dal presidente del Consiglio Mario Draghi alle Camere, è chiara ed inequivocabile.
Essa prevede il pieno allineamento alle indicazioni della commissione europea di sostegno all’Ucraina per consentirle, come ha detto il presidente von der Leyen e l’alto rappresentante Borrel, di vincere la guerra. Il che comporta da parte nostra una fornitura di armamenti secondo le richieste del governo ucraino. Come del resto il parlamento della Repubblica aveva già delegato il governo a fare, dal primo momento. Una polemica sul tipo di armamenti da fornire all’Ucraina, come pure parte della maggioranza ha fatto è dunque prima che inutile, ridicola. Se c’è un difetto nella posizione del governo italiano come nel resto dei paesi dell’Unione europea è che le armi promesse all’Ucraina ancora non sono state date. Solo la Polonia ha completato interamente la distribuzione degli armamenti e nel complesso le armi promesse dall’Italia sono inferiori a quelle della Lituania, il che significa che non saranno certo le nostre risolutive ai fini della resistenza ucraina.
Se le forze della maggioranza volessero polemizzare seriamente dovrebbero chiedere semmai al governo di inviare più armi, più rapidamente e più potenti. Ogni altra critica al governo è puramente strumentale. Sotto questo profilo la scissione del movimento 5 stelle messa in atto dal ministro di Maio, tutela l’operato dell’esecutivo da ogni possibile colpo di mano nei confronti degli impegni che pur limitatamente bisogna per lo meno mantenere nel rispetto della decenza e della forma.
Che poi il governo italiano sostenga e promuova le ragioni della pace, va da sé. Draghi è sempre stato disponibile al confronto con Mosca ed ha cercato più volte il dialogo con il Cremlino, anche recandovisi di persona. Nessuno è dunque più credibile del presidente del Consiglio quando dice che Putin non ha nessun interesse alla pace. Semmai è straordinario che qualcuno in Italia si ritenga più capace di Draghi nelle relazioni da intraprende con un capo di Stato straniero. Anche il presidente Macron e il cancelliere Scholz si sono prodigati nelle trattative con Mosca quanto e come Draghi e ne hanno cavato le stesse conclusioni.
Non c’è ragione di stupirsi se un paese come la Lituania, senza particolari ambasce, abbia voluto isolare l’exclave di Kaliningrad, la vecchia Königsberg, città natale di Emmanuel Kant e dunque dell’illuminismo europeo, dal traffico russo. Quest’atto dovrebbe essere stato sancito dall’Unione europea già all’indomani dell’invasione della Crimea, ed il fatto che si sia atteso tanto è la dimostrazione di un eccesso di morbidezza nei confronti della prepotenza russa che non paga. Simile morbidezza in Italia ha raggiunto in molti ambienti un livello di complicità. Va dato atto al governo italiano di avere invertito questa tendenza allineandosi ad una visione europea in cui la Finlandia si dice pronta al conflitto con la Russia. Tutto il continente sarà presto nelle disposizioni della Finlandia, mai l’Ucraina venisse travolta, o, altrimenti, qualcuno ritenesse di concedere ai russi tutto quanto quello che pretendono, piegando la testa.