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La repressione all’ordine del giorno

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
9 Settembre 2023
in L'editoriale
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A Le Monde, tanto detestavano Berlusconi, “pensa solo ai suoi affari”, tanto sono entusiasti di Giorgia Meloni, “vuole ripristinare l’autorità dello Stato nelle periferie abbandonate”. In Francia la polizia ha appena ucciso a manganellate un giovane di origine marocchina di 17 anni, il presidente del Consiglio italiano che a Caivano promette di ripristinare un centro sportivo abbandonato, appare come Giovanna D’Arco. L’ onorevole Bonino, ha perfettamente ragione, la politica richiede programmazione, non provvedimenti presi sull’onda delle cronache, non fosse che persino i francesi si rendono conto del degrado estremo in cui sono cadute intere parti del paese e della necessità di riporle per lo meno sotto controllo. E ahinoi, onorevole Bonino, questo non è un pregio per coloro che hanno governato a lungo negli ultimi venti anni. Nemmeno si sono accorti di cosa stesse consumandosi di devastante nella realtà quotidiana.

Come si può allora contestare un governo ridotto tanto a mal partito da dover forzare la mano sul diritto costituzionale, ricorrendo ad una terminologia che la Repubblica democratica non contempla, quale l’appello alla repressione? Nei diritti e nei doveri dei cittadini sanciti dalla Costituzione, la repressione non è prevista. Lo Stato assicura la legge sulla base delle garanzie di ciascuno, a cominciare dai minori. D’altra parte quando una maggioranza di governo di segno opposto ha letteralmente chiuso in casa l’intera nazione, negando ai minori la scuola, il gioco e la frequentazione extrafamiliare, e magari vorrebbe ancora ripristinare quell’epopea appena i cinesi dell’Oms battono ciglio, con che coraggio si può protestare se il nuovo governo vuole arrestare qualche baby criminale? Il problema è un altro, affatto diverso. Perché se il governo vuole mettere la repressione all’ordine del giorno come fu messo in Francia il Terrore, 5 settembre 1793, ha tutte le circostanze dalla sua parte. Doveva preoccuparsi semmai di indicare un termine. Il Terrore sarebbe durato fino alle fine della guerra improcrastinabilmente, infatti si concluse dopo la sconfitta delle forze nemiche avvenuta in meno di un anno, nel luglio del 1794. Nel caso italiano, nessuno può dire se la repressione debba essere destinata a finire. Questo è l’unico appunto che si può fare al governo e non è insignificante. Perché se non si ritiene prioritaria la necessità di superare una plausibile fase repressiva della vita della Repubblica, la fase repressiva può intensificarsi ulteriormente.

A le Monde non conoscono l’onorevole Salvini, o per lo meno hanno la sfortuna di non conoscerlo abbastanza e del resto il tavolo del governo che aveva promosso il decreto sicurezza si era guardato bene dal comprenderlo, la Lega era rappresentata dal ministro Valditara. Salvini ha parlato il giorno dopo dicendo una cosa ragionevole, ovvero che non si può non sbattere in galera un assassino anche se 15enne. Le parole usate sono diverse ma questo il senso inequivocabile del suo pensiero. Parlando di 15enni Salvini è stato persino più garantista e giuridicamente preciso del ministro Piantedosi che in conferenza stampa aveva chiesto particolare severità per gli ultra14enni, tanto che non si capiva esattamente a chi si riferisse. 14 anni ed un giorno? 14 anni e sei mesi? Salvini ha già fatto meglio di Piantedosi. Non fosse che anche Salvini si renderà conto che se la criminalità organizzata usa i minorenni per sfuggire alle maglie della legge, per quale ragione nel momento in cui il governo inizia ad arrestare i quindicenni, la criminalità non dovrebbe abbassare ulteriormente la soglia di età alla sua manovalanza? Appena varato il nuovo decreto sui 14 enni, avremo per strada i 13enni, questione di tempo.

L’eroe del governo rivoluzionario terrorista in Francia era Joseph Bara, caduto sotto il colpi dell’esercito vandeano in battaglia a 14 anni. Lo storico Hippolyt Taine però si è dimostrato un mastino nel riscoprire i documenti d’archivio del Terrore ed ha esibito un caso in cui l’esercito vandeano arruola i figli di un marchese di 11 e otto anni. Entrambi addestrati all’uso delle armi con successo ed entrambi presto ghigliottinati. La ghigliottina su bambini di quell’età ebbe effetti rivoltanti. La macchina delle repressione, e della giustizia rivoluzionaria non era stata costruita per punire i bambini. Per questa semplice ragione, comprensibile anche a Salvini, meglio puntare sempre sulla prevenzione.

Foto Ville de Vizille MDLRF

Tags: Le MondeMeloni
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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