A Shuya un uomo ha rubato da un supermercato undici pacchi di burro e generi alimentari vari per un valore di 4mila rubli. A Ulan-Ude la polizia ha offerto direttamente un contratto di guerra per sanare il debito del burro rubato ad un altro preso con le mani nel sacco. Lo stesso è avvenuto ad una donna della regione di Nizhny Novgorod. Lei di pacchi di burro ne aveva rubati ventinove. In Russia il rublo crolla, l’inflazione galoppa ed i beni alimentari valgono il prezzo del gas. L’agnello è rincarato del 21,9%, il latte del 15,7%, come le mele, il pane il 13%, ma i pomodori il 22,5%, le cipolle il 17%. I cetrioli sono un lusso, costano il 40,8% in più Putin ha approvato una delibera che dà ai governatori delle regioni il potere di stipulare accordi di stabilizzazione dei prezzi con produttori e catene di vendita al dettaglio, come al tempo del socialismo reale. Prese queste misure in quest’ultima settimana sono stati aperti circa 50 procedimenti penali per furto di burro dai negozi. La Grande Invincibile Russia é alla fame..
A Putin, della fame dei suoi connazionali, sia chiaro, non gli importa una emerita cippa. Invece è amareggiato perché dal 2023 la cartografia del governo cinese fa dell’isola Bol’šoj Ussurijsk confine nazionale, violando gli accordi di equa suddivisione del territorio. Un conflitto di attribuzione che esiste dal 1860. Putin pensava di aver risolto prima dell’aggressione all’Ucraina. Tempo un anno gli è stata fatta notare la nuova mappa. Ha chiesto una correzione a Pechino e adesso la versione del 2024 è la stessa di quella precedente. I cinesi non hanno apprezzato la collaborazione di Mosca con i nord coreani. La considerano una invasione di campo. Per la Cina, la nord Corea oggi precede la questione di Taiwan, dal momento che Putin non ha nemmeno l’intelligenza di comprendere il vulnus che la sua politica estera ha aperto ad oriente.
Infine la Turchia. Ankara dovrebbe essere defilata sullo scenario internazionale, tanto da candidarsi a mediatore fra le parti, eppure Erdogan non attacca Israele che condanna duramente. Ha fatto muovere le sue truppe su Aleppo per sfidare Assad, l’alleato della Russia nella Regione, da sempre un autentico avversario. Israele non crea nessun problema alla Turchia, la Siria, si, eccome.
In una delle peggiori settimane della vita di Putin, dove è tanto poco preoccupato per la situazione finanziaria da voler cambiare il governatore della banca centrale, una sola buona notizia giunge dall’Italia, il nuovo libro di Marco Travaglio. Travaglio si cala nei panni dello storico professionista, ripercorre, un po’ rapidamente, magari, tutte le fasi della crisi russo ucraina per assicurare che in realtà Putin non pretendeva nessun territorio, nemmeno la Crimea. Tanta mitezza aveva commosso il governo ucraino al tavolo della trattativa con la Russia. Kyiv era pronta a concedere volentieri l’unico impegno che Putin chiedeva, non entrare nella Nato. Che cosa c’era di più ragionevole, di più funzionale come garanzia della pace? Gli ucraini felici stavano per assecondare questa misera richiesta che si è intromesso Boris Jhonson. Il premier inglese ha detto loro di non accettare. Ora Travaglio non ci spiega come mai Johnson sia irrotto sulla scena e gli ucraini chissà perché abbiano cambiato parere e a costo di venir bombardati ininterrottamente da mille giorni. Se il lettore è curioso, la ragione è semplice. Una volta che l’Ucraina rinunciava all’ingresso nella Nato, disarmata com’era e senza tradizione militare fuori dalle bande cosacche, la Russia se la sarebbe mangiata quando avrebbe voluto. Johnson è intervenuto in quanto l’Inghilterra non vuole la Russia ad Odessa che la rilancerebbe come potenza nel Mediterraneo. Gli inglesi fecero una guerra di Crimea nel 1850 per fermare i russi e nel 1950 erano garantiti da Yalta. Finita Yalta, Odessa in mano all’Ucraina garantisce gli interessi britannici. Con Odessa i russi potrebbero arrivare a pretendere il canale di Suez. Ora Jonson non c’è più, è il muovo leader del partito avverso a Johnson, stranamente, a mantenere la stessa idea politica, piuttosto che lasciare l’Ucraina alla Russia, bisogna mandare i soldati.
Fortuna vuole che sia stato eletto presidente Trump, che si sa, non ne può più di armare l’Ucraina a spese proprie. Il che non significa che abbandoni l’Inghilterra in un’impresa militare volta a difendere i confini dell’occidente dall’aggressore russo. Trump ha molti difetti, ma è difficile che accetti l’idea di vedere gli alleati dell’America finire alla mercè della Russia, esattamente come Roosevelt non accettò l’idea che lo divenissero della Germania. Per non dire che Reagan ha ampliato i confini del mondo libero, mentre Trump rischierebbe di vederseli ridotti.
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