Nel caso migliore servirà qualche mese per comprendere cosa davvero stia accadendo al Cremlino. Beati coloro convinti che Stalin abbia avuto un colpo apoplettico. Comunque c’era persino chi pronto a giurare che Berja si fosse suicidato per disperazione. Possiamo giusto sperare in una futura glasnost, dato che evidentemente quella di marca gorbacioviana ha fatto poca, pochissima strada. Nemmeno si è capito cosa volesse fare davvero Prigozin nella sua marcia su Mosca con 5 mila uomini, senza carri armati, senza supporto aereo, con quali munizioni. Ancor meno si capisce come sia stato possibile che sia avanzato così tanto a lungo senza un vero contrasto. Magari nessuno lo riteneva una minaccia, o chissà, si era contenti dello spettacolo. Quale oligarca era più fidato del “cuoco” di Putin? Prigozin che non ha mai buttato una pasta, metteva a posto la cucina e nelle zone più delicate del mondo, dall’Africa remota, alla stessa Ucraina dal momento che è stato chiamato apposta per cercare di vincere almeno una battaglia nel nuovo anno. Morale, se Putin viene tradito da questa creatura plasmata dal suo volere esclusivo, di chi si può fidare? Ed è stato poi tradito, o Prigozin era utile per sbarazzarsi di qualche presenza ingombrante al Cremlino? È più libero e potente Putin, o è finito sotto schiaffo? Non c’è una domanda che non sia lecita. Le risposte invece sono tutte difettose..
I colleghi della stampa sono ridotti ad interpretare la mimica, i gesti, persino gli sguardi dei protagonisti, perché siamo arrivati al punto in cui le parole non dicono più niente. Avevamo lasciato Putin che agitava nervosamente una gamba ad una conferenza, lo ritroviamo che stropiccia la bocca come posseduto da un tremito incontrollabile durante la riunione del suo gabinetto. Senza voler alimentare illusioni, potrebbe anche solo aver mangiato di fretta e digerito male. Shoigu, teneva gli occhi bassi sul tavolo, ma a quella età e con tale mole, magari il poveretto era vittima di un colpo di sonno. Il meglio della carriera Shoigu lo ha avuto negli anni ’90 del secolo scorso e non si occupava di questioni militari. È un ingegnere della protezione civile russa. È vero che i generali di carriera sono stati fatti fuori periodicamente quasi tutti, stupisce lo stesso vedere un simile bonaccione alla guida della Difesa con lo Stato in guerra. Se Prigozin si lamentava, non è per forza un segno di una deriva complottistica. Prigozin che da vent’anni combatte in mezzo mondo, ha sicuramente maggiore esperienza del suo rivale.
In un quadro tanto confuso ci si accorge appena di un autentico miracolo che pure meriterebbe maggiore attenzione da parte delle cronache, la resurrezione di Lukashenko. Meno male che i misteri sono propri della mistica trinità. Lukashenko due settimane fa sembrava un cadavere e ora Putin lo ha ringraziato pubblicamente, gli regala il gas, gli spedisce un nuovo lettone per il compleanno. Come è possibile che un leader ridotto alla stregua di un sottoposto, privo di qualsiasi autonomia, costretto da Putin ad ingoiare testate nucleare sul suo territorio, riottoso all’invasione dell’Ucraina da sempre, fece lui gli accordi di Minsk, sia diventato protagonista di una mediazione tanto importante? La salvezza della Russia la si deve ad un bielorusso. Fa ridere solo a dirlo. Eppure Lukashenko è uscito dal sepolcro in cui sembrava recluso ed ha parlato. “Se cade Mosca, siamo tutti morti”. Ha ragione da vendere. Ci sono gli oppositori al regime, quelli in esilio, in galera, nascosti chissà come che potrebbero ricostruirla una Russia. Non che si osi più pensare ad una Russia democratica. Anche solo più cristiana basterebbe, la Russia sognata da Tolstoj ad esempio è un’alternativa alla Russia di Lenin e a quella di Putin. Bisogna solo dissolvere quello Stato per riscoprirla.
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