Il vertice di Palazzo Chigi sul colpo di Stato in Niger ha raccomandato la necessità di raggiungere ed in fretta un autentico coordinamento con la Francia e gli Stati Uniti sui passi necessari. Esattamente quanto è mancato finora, in quanto ci si è mossi in ordine sparso. Anche le prime reazioni avute non sono incoraggianti. La Francia ha subito parlato di intervento militare, l’Italia con il ministro Tajani di strada diplomatica. Bisogna che ci si pensi molto bene a cosa si intenda fare e misurare le parole di conseguenza. Un intervento militare radicalizzerebbe ulteriormente i sentimenti jihadisti della popolazione dell’intera area, la via diplomatica, con chi ti ha appena rovesciato un governo a mano armata, sarebbe invece calarsi le braghe. Bisogna anche considerare che in queste ore i russi ti prendono beatamente in giro. Abbiamo addestrato l’esercito che ha rovesciato un governo nostro alleato, l’ultimo su cui contare nella Regione e considerato i colpi di Stato avvenuti in Ciad ed in Mali, le nazioni occidentali presenti militarmente in Niger, non sono state capaci di monitorare la situazione con efficacia. L’Italia, attivissima, peggio di tutti.
Bisogna che anche il presidente del Consiglio Meloni rifletta meglio. Ella ha detto che in Africa servono gli investimenti e non solo i consigli. Il problema è che si danno i consigli perché nessuno si fida a fare gli investimenti. Ammesso che il leader tunisino si dimostri davvero affidabile e vi sarebbe da dubitarne, cosa impedisce domani di vedere un governo diverso, esattamente come quello che ha preso il potere in Niger? La giunta militare ha detto che intende rispettare gli accordi presi precedentemente sul piano internazionale, certo, lo stesso che disse Badoglio. Da quando l’Italia ha voluto assumere un alto profilo nel Mediterraneo, abbiamo scritto che allora occorreva misurare i passi con la Francia, non solo per l’esperienza e le relazioni consolidate di quel paese in un’area di sua influenza per oltre un secolo, ma perché la Francia dispone di un deterrente di rapido impiego quale la Legione. Questo comporta il fastidio degli Stati africani nei confronti della Francia, ma non si può comumque ignorare una tale realtà soprattutto dal momento in cui la Russia impiega la Wagner, che ha minori scrupoli della Legione.
L’America del resto è quella più scottata perché si è trovata coinvolta in Iraq senza mai aver avuto un’esposizione coloniale, da qui la voglia di andarsene eppure non ha potuto fare a meno di venir coinvolta nuovamente in Libia. La morte dell’ambasciatore Stevens a Bengasi è la dimostrazione del fallimento della politica di Obama in Africa da cui il governo americano non ha più saputo rialzarsi. Biden rischia di essere paralizzato dalla sua compartecipazione a quella vicenda che comprende anche altri errori clamorosi commessi, come in Siria. È il momento di rialzare la testa e di farlo insieme. Francia, Italia, Stati Uniti, perché sono già lì e perché sono comunque i paesi più coinvolti. Se si vuole assumere un’iniziativa utile e proficua nella Regione, bisogna percorrere la strada interamente. Si sappia che sarà completamente inutile vincere una guerra in Ucraina per perderne una in Niger, quale che possa rivelarsi il costo. Perché possiamo benissimo fare finta di niente, provare a tirar tardi e quant’altro, ma si tratta della stessa guerra dichiarata alla democrazia occidentale e dagli stessi protagonisti. Se si può ancora evitare di aprire il fronte nigeriano, bisogna per lo meno preoccuparsi di chiudere immediatamente quello ucraino. Si sta iniziando a sbandare anche lì.