Mai come oggi si parla di terzo polo.O meglio, mai come oggi lo si stronca, ovunque. E fioccano articoli sulla sua inefficacia: la legge elettorale, il Rosatellum, “prevede grandi coalizioni”, si legge. Nei collegi uninominali, “il centro perderebbe ovunque”. Ci si è rassegnati, insomma, a che debbano esistere due grandi schieramenti, e che essi debbano decidere, alternandosi, il futuro di un paese.
Ma se è così che funziona la legge elettorale, funziona così anche la democrazia? La risposta la danno un paese particolare, gli Stati Uniti, e un anno particolare, il 1912.
Nella terra dei liberi è anno di elezioni presidenziali. Il presidente uscente è il repubblicano Howard Taft. Costui si era presentato nel 1908 come il legittimo erede del predecessore Theodore Roosevelt, il presidente che più di tutti era riuscito a fare breccia nelle masse americane. I due in fondo erano simili, anche fisicamente. Ma l’indole e il carisma erano diversi.
Finito il mandato, Roosevelt non è affatto soddisfatto di come il suo delfino si è comportato. Roosevelt era un convinto ambientalista, e non si faceva problemi a che lo stato regolasse il mercato; Taft un repubblicano vecchio stampo, legato ai grandi gruppi d’affari e alle “great corporations”. Ciononostante, alla convention repubblicana del 18 giugno, i Repubblicani designano come candidato alla presidenza proprio il presidente uscente.
Roosevelt, non fosse Roosevelt, sarebbe fuori dai giochi. Ma “Teddy”, già colonnello di cavalleria nella guerra ispano-americana, sull’irruenza ci ha costruito due campagne elettorali, e due campagne elettorali le ha vinte. Non ci pensa quindi su due volte e fonda un partito: il Partito Progressista. Alla stampa che gli chiede come si sentisse dopo aver lasciato il partito in cui militava dal 1880, lui, pluripremiato cacciatore, risponde: “mi sento forte come un alce reale”. E il simbolo del Partito divenne proprio l’alce. Nacque così il “Bull Moose Party”.
Le elezioni del 5 novembre ebbero ben quattro candidati, di ben quattro partiti diversi. Taft per i Repubblicani, Roosevelt per i Progressisti, Woodrow Wilson per i Democratici ed Eugene Debs per il Partito Socialista. Alla faccia del bipolarismo. Il risultato fu sorprendente. Il partito dell’alce (27% e il voto di 88 grandi elettori) superò il partito da cui proveniva: i Repubblicani si fermarono al 23% e ottennero solo 8 voti.
I Democratici, col 41% dei suffragi e 435 grandi elettori dalla loro parte, tornarono così alla Casa Bianca.
Ma la notizia vera resta un’altra: nella culla del bipartitismo, il partito di Lincoln arrivava terzo.
Arrivati a questo punto, è doveroso dire che l’Italia di oggi e l’America dell’ “era progressista” sono incomparabili. Ma una cosa è certa: la forza della democrazia supera di gran lunga quella dei partiti e della legge elettorale. È il popolo, nei paesi liberi, che decreta quale partito è un grande partito. Non sono le coalizioni e i sondaggi a decretare, con somme aritmetiche, chi vincerà.
Va detto di più. In mezzo a quel 40% di italiani indecisi, è molto probabile che si trovi gente di destra e sinistra, ma è molto poco probabile che vi si trovi gente del centro-destra e del centro-sinistra: coalizioni, si è visto, senza alcun radicamento nel ceto medio. L’Italia che lavora e produce, che compete in Europa e nel mondo, che vuole una nazione evoluta, rimane priva di voce.
In conclusione, un polo può anche essere terzo, ma non è scritto da nessuna parte che, se forte come un alce, debba essere ultimo.
Valerio Massimo Antonelli è molto giovane. Ha, però, una spiccata tendenza a ragionare, prima di parlare e scrivere, che lo mette al di sopra della media dei giovani italiani, i quali, preferiscono cantare in modulazione rap o saper tirare calci ad un pallone, per riuscire ad emergere dalla loro tana. Guarda caso, in politica, ha scelto di prendere la tessera del Partito Repubblicano Italiano; il partito ispirato a Giuseppe Mazzini, che, nel novecento, ebbe tra i suoi leaders Randolfo Pacciardi e Giovanni Spadolini. Il ragazzo ha capito che la ragione non ha maggioranze che la guidino ( il giovinetto, unico nella corte del re, che gridò Il Re è nudo). Se un singolo ha una buona idea la deve poter proporre, in seguito ci sarà una discussione, Se saprà rendere edotta, allora, la maggioranza di coloro chiamati a decidere, l’idea sarà praticata, sennò!