Di tutta un’impresa ittica nazionale sparsa su più Regioni, solo una start up riminese è stata in grado di fronteggiare una situazione inedita nella pesca. Il resto della categoria è ancora lì a lamentarsi. Se il crostaceo venuto dall’Atlantico, incredibile, vero?, fosse comparso all’improvviso nel nostro mare, uno potrebbe anche rispondere, come ha fatto il governatore Zaia presentandosi con la pericolosa minaccia catturata in conferenza stampa. E meno male che si tratta di crostacei. Fossero le navi marziane di Orson Welles ad essere sbarcate nel Mediterraneo, stavamo freschi. Raccogliere 18 tonnellate di pescato, lavorarlo, spedirlo ad un acquirente a Miami e Zaia misurava le chele del mostro di 15 centimetri alle telecamere. La start up di Rimini si deve pur essere organizzata prima che la specie aliena si caratterizzasse come il nemico numero uno nelle nostre acque. Nessuno ha pensato che potesse prolificare, o almeno che potesse essere commestibile, tranne questi fulmini di guerra nel campo della pesca, quattro donne sotto i quarant’anni, le socie della start up riminese. Anche un profano, si chiede se le Regioni in cui questo settore è avviato e sviluppato, si siano mai preoccupate di valutare le interazioni ed i cambiamenti avvenuti con l’introduzione di altre specie nel nostro mare. Perché verrebbe da credere di no, tanto, male che vada, si chiedono sussidi allo Stato.
Questa vicenda ha dei contorni ridicoli. Un governatore di Regione con in mano un crostaceo, ancora non lo si era mai visto. Eppure un granchio di un chilo e mezzo si mette in pentola a maggior ragione se ce ne sono tanti. Invece ecco un problema ambientale piuttosto inquietante. Da una parte, né i professionisti del settore, né chi dovrebbe regolarlo, si preoccupano dei mutamenti dell’ecosistema, per lo meno fino a quando questi assumono proporzioni irreparabili. Dall’altra, si chiede al governo di sovvenire alla propria imperizia. Per carità, il governo serve a questo, ma anche le Regioni dovrebbero servire alla stessa bisogna, se no a che servono le Regioni? Per lo meno evitare ogni volta di essere prese con le braghe in mano, esattamente come è successo. Poi il governo ha le tasche bucate, ha già stanziato due milioni di euro, ne stanzierà ancora, tanto guadagna con le tasse sulla benzina, con quelle sulle banche e qualche altra in autunno se la inventerà pure.
Purtroppo, granchi alieni o meno non si può pensare di tenere in piedi la pesca con i sussidi. Quello che dovrebbe preoccupare di più gli amministratori ed i consorzi è di essere stati superati dagli eventi e questo quando pure c’è qualcuno fra di loro piuttosto in gamba, di cui manco si erano accorti. Perché dovrebbe essere ovvio che far partire 18 tonnellate di pescato dal riminese verso l’America, non è come spedire una lettera con il francobollo. Per cui bisognerebbe iniziare a porsi qualche domanda. Se mai il nostro mare venisse talmente stravolto da veder scomparire le sue culture tradizionali, come si pensa di andare avanti? Che cosa incredibile, nell’oceano ci sono dei granchi che si mangiano tutto e sono arrivati qui da noi, un luogo privo di predatori naturali e pieno di animalisti che pretendono particolari licenze per pescare qualcosa che non sia convenzionale. Ed è considerato convenzionale che i gabbiani invece di stare a nutrirsi sulle scogliere, saccheggino i depositi dell’immondizia a cielo aperto in città, che le tartarughe, anche ghiotte di granchi, non abbiano più la spiaggia a sufficienza per nidificare, che se uno prende nella rete il granchio blu invece del pesce azzurro lo debba ributtare in mare. Per lo meno si assicurino delle lontre di mare sulle coste, visto che non possiamo introdurre i pinguini. Elargiamo pure tutti i soldi che volete, il futuro del settore è interamente nelle mani delle ragazze della start up di Rimini. L’eroine del nostro tempo. Affidiamo loro il ministero della Pesca e rinunciamo ad ogni iniziativa autonoma. Forse ancora possiamo salvare i pescatori. Le amministrazioni preesistenti, no.
Foto cco