Quando nell’aprile del 2004 la forza di difesa di Israele eliminò con un missile lo sceicco Yassin a Gaza, il mondo occidentale si accorse appena della cosa. Il referente della comunità palestinese era ancora saldamente Arafat e di Yassin si sapeva più o meno che era il capo di un’organizzazione religiosa, tanto pericolosa quanto di scarso successo. Se si pensa al clamore suscitato quasi vent’anni dopo per l’eliminazione di colui che a breve sarebbe stato il successore di Yassin portando Hamas ai massimi della sua espansione, in modo da far sparire Fatah e l’Olp quasi completamente, viene da chiedersi se sia mai servito far fuori Yassin per tale risultato.
Se questo fosse il metro di valutare l’operazione che ha appena terminato l’esistenza del nuovo capo di Hamas a Teheran, sarebbe facile rispondere di prepararsi ad una ulteriore recrudescenza da parte di quel movimento radicale ed antisemita. Coloro che pensano, Rampini su il Corriere della Sera, “l’escalation per la deescalation,”, se vi rendete conto, magari il ministro Tajani, che abbiamo ascoltato in aula alla Camera, che magari adesso si possa aprire uno spazio di mediazione, sono fuori della realtà. Quello che semmai bisogna fare è di provare a convincere Erdogan a darsi una calmata e già questo nonostante si tratti di membro della Nato, non sarà cosa facile. Per il resto bisogna dare per scontata prossima reazione combinata dal Libano e dall’Iran, perché per la verità la forza di Hamas sembra piuttosto sulle ginocchia. Altrimenti se fosse ancora in grado di colpire, Hamas certo non si metterà a trattare perché decimata. Hamas potrà estinguersi, mai aprire al dialogo, dal momento è nata, cresciuta e si è radicata, proprio per il cedimento al dialogo compiuto da Arafat.
Lecitamente uno potrebbe pensare, ma allora questi israeliani sono dei matti, o per lo meno lo è Netanyahu che pesta la coda ad un serpente velenoso. Il punto di vista di Israele è esattamente l’opposto, i cosiddetti palestinesi che sostengono Hamas, sono già assetati di sangue e comunque lo sono i mullah iraniani, e lo resterebbero anche se Israele ogni anno organizzasse un rav party nel deserto per farsi predare i suoi giovani senza alcuna risposta. Per cui l’eliminazione di Yassin allora, quella di Hanayeh oggi sono solo una scrematura dei nemici di Israele, quelli più pericolosi, o peggio più responsabili dei danni arrecati. L’escalation è iniziata vent’anni fa, quando l’occidente non se ne accorse e sta continuando dopo il sette ottobre, i tempi di pausa e di trattativa non hanno mai avuto alcun peso, per lo meno dalla Striscia di Gaza a Teheran. Perché in verità la morte di Hanayeh, non ha particolarmente sdegnato il complesso del mondo arabo, anzi, Sauditi e Giordani in testa di Hamas non ne possono sapere e da sempre.
Ora si preparerà la reazione che legherà fra loro, forze libanesi scite, iraniane, magari huti yemeniti, quello che vi pare, contro un Israele che da sola ha già piegato tutte le nazioni arabe sostenute dall’Unione sovietica due volte e pure rapidamente. Se vogliamo fare una cosa intelligente togliamo i nostri soldati dal Libano. Non sono serviti e non servono a niente e adesso rischiano anche la pelle. Israele aspetta questa reazione, non la deescalation e confida anche con una certa tranquillità di uscirne intera. A quel punto forse, quando il contraccolpo arriverà su Teheran, Hezbollah e quello che resta delle milizie di Hamas, difficile che gli Huti siano in grado di risalire il deserto, magari spareranno qualche loro missile a casaccio, Israele potrebbe pensare a tendere la mano, da una posizione di forza, come ha sempre fatto. Non che gli israeliani abbiano la pretesa di dettare legge al mando arabo, anche se solo sciita. non gli passa proprio per la testa. Semplicemente guardate dove sono, e quanto spazio occupano e capirete che se cedono di un millimetro, di un uomo, vengono travolti.
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