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L’eredità di Yalta affondata nel mare di Azov

Redazione di Redazione
28 Giugno 2022
in L'editoriale
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Grazie alla determinazione del presidente del Consiglio Mario Draghi l’Italia ha preso la testa della politica dell’Unione europea come si è capito nel G7 conclusosi in Baviera. E’ l’Italia ad aver detto con chiarezza che “la Russia non può vincere la guerra” e che una sconfitta dell’Ucraina comporterebbe una sconfitta di tutte le democrazie. La stessa posizione è stata presa dall’Inghilterra. Stati Uniti e Francia hanno invece un accento diverso.  Per il segretario alla Difesa statunitense l’Ucraina ha già vinto la guerra, dal momento che ha saputo confinare Putin nel Donbass. Si tratta della dottrina esposta recentemente da Kissinger che rientra nel novero della divisione del mondo avvenuta a Yalta, dove la Russia era un cardine dell’equilibrio internazionale. L’Occidente non aveva mosso ciglio davanti alle invasioni dell’Ungheria e della Cecoslovacchia nel secondo dopoguerra. Perché preoccuparsi delle sorti dell’Ucraina? Obama ha visto invadere la Crimea,  e Biden che pure ha definito Putin un “criminale” fin dall’inizio del suo mandato, aveva consigliato Zelenskj di lasciare il paese. Zelenskj ha voluto restare e l’America lo ha aiutato volentieri, ma ora Washington sarebbe felice di trovare un accordo e lo stesso vorrebbe Macron. Sono Draghi e il premier britannico Jhonson che hanno modificato l’agenda, insistendo che sono gli ucraini a dover dire l’ultima parola. Solo se gli ucraini decidono di poter lasciare il loro territorio ai russi, può ripartire la trattativa diplomatica, altrimenti si continuerà a combattere.  Questa posizione italiana e britannica ha avuto il sopravvento.

Il precedente in Crimea lascia credere che nel caso in cui le  truppe russe si attestassero in un Donbass epurato e distrutto, domani avverrebbe una terza aggressione.  Va detto che tutti i paesi dell’area, dalla Moldavia, alla Polonia, alla Lituania, la pensano come Zelenskj e quindi Draghi e Jhonson godono di un sostegno molto più ampio oltre il G7, e  la Germania, si sta convincendo delle ragioni di Kyiv, anche perché i russi fino al 1989 erano a Berlino e ancora stanno nella vecchia enclave  prussiana di Koenigsberg, ribattezzata insolentemente Kaliningrad. Anche la Turchia in verità è molto vicina all’Italia, per la ragione che i più preoccupati nella Nato dell’espansionismo russo, sono i Turchi e lo sono perché il loro è il primo paese che i russi si trovano al confine con il Mediterraneo. Il mar Nero, tanto ambito da Putin, non serve a niente se non si domina anche il Mediterraneo e grazie ai porti in Siria e alla Libia spappolata del post Gheddafi, altro capolavoro internazionale della presidenza Obama, i russi sono già qui. Senza contare che nel 2019 gironzolavano per l’Italia del governo Conte.

 Tutti i paesi del G7 partecipano delle sanzioni contro la Russia, la cui strategia è stata elaborata proprio da Mario Draghi, e altre ancora ne hanno promesse. Le sanzioni creano un problema molto serio all’economia russa minandone le prospettive già poco brillanti, ma non aiutano a vincere una guerra dove i russi fanno della popolazione civile il loro bersaglio quotidiano. Tutti i partecipanti del G7 sanno che la guerra si vince sul campo e soprattutto che questo governo russo dovrà essere portato davanti ad un tribunale internazionale per crimini contro l’umanità. Altro che ritorno a Yalta.  Bisognerà dunque incrementare il sostegno militare ulteriormente all’Ucraina. Draghi e Johnson hanno imposto la loro linea ai principali paesi del mondo occidentale.

 Dopo che Putin ha rivendicato nella sua mitomania niente di meno che le ambizioni di Pietro il Grande, non si può più pensare che si accontenti della sola Ucraina, altro che il Donbass. Svezia, Lituania, Polonia, sono tutte minacciate.  Se Pietro sognava di poter fare quello che si sarebbe rivelato un passo molto più lungo della sua gamba, Putin vagheggia un triplo salto mortale. Lo Zar non aveva mai minacciato l’Inghilterra, quando l’attuale improvvido occupante del Cremlino lo ha fatto. Un delirio di onnipotenza fondato su basi di argilla, perché un esercito che in tre mesi ha preso a fatica Severodonetsk e dopo che  le forze ucraine si sono ritirate, non si capisce come pensi di poter annientare Londra. Proprio poiché la Russia ha l’arma atomica, sarebbe principale interesse della cricca di Putin evitare anche soltanto di paventarla.  Solo in Polonia la Nato dispone di trecento bombe nucleari. La Russia è destinata a perdere ed anche più brevemente di quanto si creda una simile prova, e dovrebbe iniziare a preoccuparsi seriamente di non uscirne distrutta. Sarebbe un fallimento per la storia dell’umanità dover accorgersi un giorno non lontano che si Kyiv, grazie a Dio, esiste ancora, ma Mosca, Pietroburgo, non sono più.

CCO

Tags: DraghiYalta
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