Un lapsus si concede sempre volentieri a tutti. Ci mancherebbe solo di voler necessariamente attribuire ad uno scambio di parole o nomi una qualche recondita rivelazione sul pensiero di chi lo commette. Purtroppo un conto è un equivoco a cena fra amici, al bar dello sport e anche in una riunione di partito, un altro in un intervento in Parlamento, magari dai banchi del governo. Da quelli dell’opposizione pazienza. Già abbiamo sentito citare Andreotti invece di Matteotti e nemmeno osiamo dirci come possa essere accaduto. Basta pensare a chi l’ha commesso. Nominare il professor De Rita al posto del professor De Masi lascia comunque parecchio perplessi. De Rita è un sincero democratico che non merita di essere scambiato con chi ha reso dichiarazioni come quelle del professor De Masi, a cui non andrebbe fatta alcuna pubblicità. L’onorevole Meloni si è immediatamente scusata con il Parlamento, altrettanto bene farebbe a scusarsi con il professor De Rita.
Poi le intenzioni dell’onorevole Meloni erano chiare ed apprezzabili. Il presidente del Consiglio voleva difendere l’idea dello Stato democratico e chi si sacrifica per la difesa dello stesso. Falcone e Borsellino, ricordati dall’onorevole Meloni, sono morti per la difesa di questo Stato e sicuramente sono esempi significativi. Tuttavia Falcone e Borsellino erano servitori dello Stato democratico, non combattevano una dittatura ma un’organizzazione criminale a cui si era opposto anche lo Stato fascista. Un magistrato leale al suo ufficio compie il suo dovere indipendentemente dal modello di Stato che si trova a servire. Conosciamo perfettamente il pensiero repubblicano e democratico di Falcone, mentre Borsellino potrebbe averne avuto uno affatto diverso ed essersi mostrato comunque un funzionario altrettanto esemplare. La loro morte è più una conseguenza delle carenze di uno Stato che non ha saputo difenderli che dei valori in cui lo Stato confida. Per cui se si vuole un esempio appropriato di chi è pronto a morire per l’ideale di uno Stato democratico piuttosto che di vivere sotto una dittatura, ecco dei predecessori dell’onorevole Meloni come Parri e Pertini. Se si vuole invece onorare chi è morto negli stessi propositi, vi sono Giovanni Amendola e Gobetti. La mafia combatte o si allea con qualsiasi Stato, la dittatura, in Italia ieri come in Russia oggi, è la sola autentica nemica della democrazia.
Nella strenua difesa della democrazia formale occorre prestare attenzione anche e soprattutto ai suoi geroglifici a costo di diventare pedanti. Cambi i simboli più remoti e non sai più in che mondo ti trovi. Al governo va riconosciuto volentieri di avere la schiena dritta nell’affrontare una minaccia corrente alla democrazia europea. Si dubita della dimensione storica di questa sua condotta esemplare. Lungi da noi accusare il governo di non essere stato consultato dal presidente Biden nella crisi russa per queste ragioni retrospettive. Possiamo solo dire che le retrospettive problematiche non aiutano la confidenza degli Stati Uniti d’America. Sono loro gli americani i campioni occidentali della democrazia formale e non darebbero a Trump gli onori che noi abbiamo dato a Berlusconi. In verità non li diedero nemmeno a Washington. Mai qualcuno ne dubitasse, il presupposto della democrazia formale è sostanziale. L’America democratica nasce da una lotta coloniale di indipendenza nazionale. L’Italia appare più l’annessione di uno Stato regio, mediamente evoluto, che espande la sua influenza a popolazioni sottomesse ad altri Stati regi. Con tali precedenti, meglio evitare scivoloni, anche quelli più insignificanti.