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L’ombelico del mondo

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
13 Aprile 2023
in L'editoriale
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Invece di star li a discutere del partito unico, Renzi e Calenda farebbero meglio a dirci cosa pensano della visione del presidente Macron sul Taiwan. Non tanto perché non sono lor signori il centro del mondo, ma perché il riferimento liberale europeo, quale lo si è costituito nell’ultimo parlamento di Bruxelles è calzato sul profilo della new Europe, macroniana. E per carità. Macron si è dimostrato un liberale di ferro, vedi come ha preso per il collo i lavoratori francesi, salvo poi sgretolarsi come pastafrolla davanti alle pretese cinesi. Magari sarebbe il caso di domandarsi se di questo tipo di liberali ci sia poi un gran bisogno, forti con i più deboli, debolissimi con i più forti. La questione del Taiwan non è remota come si pensa, perché mai accadesse che la Cina decidesse l’invasione, Macron a Pechino ha rassicurato Xi che la cosa non riguarda noi europei, e l’America decidesse per la difesa del Taiwan, come ha promesso del resto, l’Ucraina peserebbe tutta sulle nostre spalle. Perchè parliamoci chiaro, mentre sullo stretto piano militare, un conflitto con i russi si risolverebbe facilmente con un impegno diretto della Nato, invece di far combattere gli elettricisti ed i contadini ucraini, in un conflitto con la Cina la sola Nato non sarebbe sufficiente. Non è poi detto che Xi si risolva per un attacco militare a Taiwan, Pechino dispone di mille modi per estendere la sua influenza sull’Isola, la minaccia militare ostentata è solo uno di questi. Ma visto che Macron ha subito diviso l’occidente, Xi potrebbe azzardare la mossa per quanto inconsueta appaia. A differenza dei russi, i cinesi sono in grado di fare le guerre, ma non ci sono portati, essendo tradizionalmente e storicamente inclini alle relazioni commerciali più che agli scambi di artiglieria.

In termini più semplici la questione ucraina è quella di un conflitto locale che si svolge principalmente in una porzione di territorio insignificante a causa della prosopopea velleitaria di un regime fallimentare come quello russo. Se invece si innescasse la miccia del Taiwan, sarebbe tutt’altro paio di maniche. Come minimo verrebbero modificate le coordinate di riferimento del colosso cinese che davvero è in grado di scuotere gli equilibri mondiali. Tanto che la stessa America, nonostante le sue promesse ed il suo interesse, potrebbe ritirarsi, anche perché la condizione del Taiwan non è definita internazionalmente come quella dell’Ucraina. Se si volgevano gli occhi di fronte all’Ucraina, la comunità internazionale consentiva un crimine, se si lascia campo libero alla Cina, la Cina sarebbe pur sempre nel suo diritto. Macron è attento a queste sottigliezze tipicamente francesi. Hanno avuto ministro un Talleyrand. Difficilmente l’Aia potrebbe accusare Xi di crimini contro l’umanità, dal momento che i più importanti paesi al mondo che riconoscono il Taiwan sono il Paraguay e l’Honduras, più la Santa Sede. Xi potrebbe essere colpito da un anatema del papa, per un confuciano non proprio una tragedia.

Sarebbe invece una tragedia ancora di portata incalcolabile se la Cina si annettesse Taiwan con la forza, l’America convinta dalle ragioni di Macron. Il declino dell’influenza occidentale nel pacifico, che non si ottenne dopo la guerra del Vietnam, al contrario, si consumerebbe ora, con tanti saluti ai sogni di Obama. Giappone ed America si ritroverebbero isolate e costrette a chiudersi in se stesse mentre l’Europa ne uscirebbe completamente accerchiata, dai russi, dai migranti, dall’espansione economica cinese. C’è una triste ironia se si pensa che un tempo in Europa sorgevano imperi dove non tramontava mai il sole. Più o meno come avviene oggi sull’ombelico di Renzi e Calenda.

Foto CCO

Tags: CalendaMacron
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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