Adesso si tratta solo di aspettare la valutazione della Commissione europea della nota di aggiornamento economico finanziaria elaborata dal governo. Questa descrive uno scenario programmatico dove il deficit dal 5,3 per cento corrente passerà al 4,3 per cento nel 2024. Mentre Il rapporto debito pubblico/PIL per quell’anno è previsto al 140,1 per cento. In pratica, il deficit calerà sotto il 3 per cento solo nel 2026. Può anche darsi che la Commissione constati il rispetto di una linea tendenziale con le sue indicazioni, sempre che si possano considerare appropriate le previsioni del governo. Quella sul Pil corretta al ribasso da 1,2 a 0,8, non testimonia le buone capacità necessarie. Venisse rilevato uno scostamento anche nell’anno prossimo ecco che tutta la costruzione verrebbe a cadere e la Commissione avrebbe l’impressione di essere stata giobbata.
Questo non autorizza a mettersi a sbraitare, come dall’opposizione non sono riusciti a trattenersi contro un’azione del governo che già è stata giudicata depressiva o peggio. Verrebbe da dire, da che pulpito. Piuttosto preoccupa la tranquillità del presidente del Consiglio che continua a ripetere che la crescita italiana è superiore a quella della Germania. E’ da un po’ che nella maggioranza di governo si va avanti con questo ritornello che davvero non significa niente. Intanto la crescita italiana è più bassa di quanto il governo prevedeva, poi il dato è congiunturale, resta da capire se il governo sarà capace di renderlo strutturale nella vita economica del paese , cosa su cui si può esprimere un lecito dubbio.
L’ostentata tranquillità del presidente del Consiglio, rispetto ad un ministro Giorgetti che per lo meno dice di temere la bocciatura dell’Europa piuttosto che quella dei mercati ed a breve potrebbe ricevere entrambe, si fonda sul fatto che certo non si vorrà sostituire un governo eletto dagli italiani con un governo tecnico magari appoggiata da quelli che hanno fatto il superbonus. Onorevole Meloni la sua frase, non è felice per la semplice ragione che il superbonus è stato votato anche dalla sua maggioranza e pure con entusiasmo, per cui nel caso avesse ragione ad imputare a questa misura il danno arrecato alla finanza italiana il suo partito e la sua maggioranza di governo ne sarebbe corresponsabile e pure sta al governo. L’argomento usato deporrebbe a favore di un governo tecnico, maggioranza e opposizione pari sono nell’errore, rimedino insieme, non fosse che non si vede il tecnico. Dopo Draghi, questo è il problema serio, è difficile individuarne un altro all’altezza. E per quanto Draghi abbia a cuore l’interesse nazionale, è difficile possa essere entusiasta di venir richiamato da quelli che con tanta noncuranza lo hanno abbandonato.
Per cui non è affatto detto che a questa maggioranza in caso palese e conclamato di difetto si possa sostituire un governo tecnico e quindi non sapremmo dire come va a finire, magari con un rimpasto, magari una sostituzione, magari un allargamento. Quello che si può dare già per sicuro è che serva una nuova classe politica da dare al paese e che bisogna pure costruirla in fretta.
foto galleria della presidenza del consiglio dei ministri