Coloro che proprio non resistono alla tentazione di risalire dietro alle quinte della politica e vogliono capire come si sia davvero arrivati alla crisi di governo e per quali responsabilità, vi è l’interessantissima versione salottiera fornita dal senatore Renzi. Franceschini e Speranza e forse quindi anche Letta, avrebbero tentato di convincere Conte a votare la fiducia dal momento che Salvini avrebbe potuto non votarla. Il risultato, che Salvini si sarebbe accorto della manovra, mentre Conte manco l’avrebbe compresa. Questa ipotesi oltre che suggestiva testimonierebbe un’incomprensione profonda della politica. Non tanto perché convinta della disponibilità alle capriole da parte dell’avvocato Conte, ma perché l’avvocato Conte non controlla il voto del suo partito al punto di impedire ad una parte del movimento cinque stelle di votare contro il governo comunque.
Conte avrebbe rischiato di collezionare l’ennesima figuraccia, dicendo improvvisamente sì ed i suoi senatori votavano lo stesso no.
In ogni caso il retroscena raccontato da Renzi testimonia il pessimo stato delle relazioni fra le parti di una maggioranza di larghe intese dove l’una cerca il modo migliore di far fuori l’altra.
È questa anche un’accusa rivolta direttamente al presidente del Consiglio, perché l’ostinazione di voler far votare la risoluzione proposta da Casini e non anche quella della Lega? Draghi aveva dunque un accordo con il Pd? Ohibò ma Draghi aveva un accordo con tutti i partiti della coalizione e la risoluzione di Casini era un invito a riprendere il percorso interrotto rivolto a tutta la maggioranza, incluso Conte. Se poi Conte non avesse voluto accoglierlo sarebbe stato lui ad escludersi ed il presidente del Consiglio a valutare il peso di tale esclusione. Nel momento nel quale invece si fosse approvata la mozione della Lega, ecco che la maggioranza di governo avrebbe estromesso con Conte l’intero movimento cinque stelle di cui gli esponenti erano ancora membri di governo. Ma i ministri si sono astenuti! Vero ma non si erano dimessi.
Una situazione politica viene naturalmente sottoposta ad infinite crisi non necessariamente terminali. Il presidente del consiglio valuta lo stato della maggioranza. Quello che Draghi non voleva e non poteva fare era rimettere in discussione il patto di governo, l’impostazione con cui si era caratterizzato il suo governo. Se volevano ridiscutere tale accordo gli alleati, era un’altra questione, non che Draghi si riducesse ad un livello di negoziazione fra le parti. Mario Draghi è Mario Draghi, non si è candidato alla presidenza del Consiglio, non ha vinto le elezioni. È stato invece chiamato dal Parlamento per risolvere una crisi grave del paese non per produrne una seconda. Il parlamento decidesse quello che gli pare.
Il Parlamento ha preso la decisione peggiore. Che Conte e Salvini restassero comunque invischiati in questa matassa, non dovrebbe stupire. Ma come mai lo è stato anche Berlusconi? Perché l’interlocutore più affidabile del partito popolare europeo non votasse la fiducia, Draghi deve averla fatta davvero grossa. Non fosse che tutti i ministri di Forza Italia si sono congedati dal loro partito su due piedi, hanno accusato Forza Italia di essersi snaturato con questa disgraziata scelta parlamentare. Se invece qualcuno confidasse ancora nelle capacità politica di quel partito, corresse ad iscriversi. Ci sono i posti liberi di Brunetta, Carfagna e Gelmini.