Nel 1975 l’Italia venne sconvolta dalle violenze compiute al Circeo su due ragazze, una delle quali rimase uccisa, compiute da tre giovanotti della Roma bene i cui nomi sono tristemente famosi. Andrea Ghira fu subito latitante e sarebbe poi morto nella legione straniera spagnola, come un eroe da romanzo. Gianni Guido condannato all’ergastolo, ebbe una riduzione della pena a trent’anni per aver versato alla famiglia della ragazza morta un indennizzo, fugge dal carcere nel 1981, viene acciuffato nel 1994 e nel 2009 ha concluso la sua pena. Rimane Angelo Izzo, il quale ad un dato momento si pente, cambia orientamento politico, concede interviste ai media, ottiene una semilibertà vigilata e violenta ed uccide di nuovo. Questo è il principale esempio offerto al paese in uno dei casi principali che hanno visto delle donne come vittime nel secolo scorso. Nonostante il clamore lo Stato non ne è uscito benissimo e tutto sommato nemmeno la libera stampa nei confronti della sopravvissuta Donatella Colasanti.
Quattro anni fa il giovane figlio di un personaggio pubblico è stato accusato di violenza carnale di gruppo e subito i giornali si sono messi a scrivere che la presunta vittima era andata a fare surf il giorno dopo. Ancora non sappiamo quando questo giovane e la sua combriccola di amici, questa volta della Genova Bene andrà a processo. Finora nessuno si è fatto nemmeno un giorno di galera e chissà se ha mai ricevuto almeno una paternale. Quest’anno un altro rampollo legato persino familiarmente alle istituzioni è stato accusato per lo stesso reato ed il padre invece di dimettersi dalle cariche, si è permesso di rivendicarne subito l’innocenza. È un miracolo che non sia stata incriminata la ragazza che ha accusato il giovine, ma non si sa mai. Rispetto ai fatti del Circeo non ci sono cadaveri che spuntano da auto mobili, c’è invece la medesima idea dell’impunità per cui i giovani ricchi ed importanti possono permettersi qualsiasi cosa e farla franca. In più hanno le foto sui giornali in rayban e a torso nudo, come fossero celebrità. Perché mai a Caivano, a Palermo, in zone di degrado, fra giovani disadattati, con difficoltà sociali, non si dovrebbe voler imitare i comportamenti criminali o denunciati come tali di loro coetanei che pure hanno tutto? Se la giustizia non punisce e rapidamente i figli di papà abbienti ed importanti, potrà mai accanirsi sui poveracci?
C’è chi è convinto che poiché la Repubblica è l’unica forma di governo sottoposto alla legge, servano leggi a profusione, in Italia ne abbiamo scritte di ogni tipo e quando si presenta un problema, troviamo subito pronto qualcuno a scrivere una nuova legge. La preside della scuola di Caivano che chiede invece di aumentare l’impegno culturale nei confronti dei giovani della sua città compie già un passo avanti rispetto alle forze politiche deputate. Molto meglio che lo Stato predisponga di impegnarsi in una direzione come questa piuttosto che prospettare la castrazione chimica. Purtroppo per intensificare anche un progetto cultuale per i giovani a Caivano, così come altrove occorre un certo tempo e in questo tempo le violenze contro le donne stanno aumentando vertiginosamente. La Repubblica deve saper fornire allora degli esempi e come è evidente, questi purtroppo sono carenti, per non dire che mancano completamente.
foto Vizille, M d l R F