Il governo ha fatto benissimo a lavorare il primo maggio, ci manca solo che il governo si preoccupi delle feste raccomandate. Piuttosto è stato imbarazzante sentire il presidente del consiglio spiegare questa scelta parlando dei suoi ministri come dei “privilegiati”. Se si considerano i servitori della nazione e dello Stato dei privilegiati che ogni tanto bisogna far emendare, siamo davanti al concilio dei vescovi, non ai ministri della Repubblica. Questi vescovi in conclave il primo maggio hanno fatto sostanzialmente due cose giuste, la riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori in busta paga e l’abolizione del reddito di cittadinanza, che si doveva fare prima, ma va bene lo stesso. Da dei vescovi non si può pretendere più di tanto. Da un governo della Repubblica si pretende invece un progetto complessivo ed una visione del mondo del lavoro che francamente ancora stiamo aspettando. C’era una grande occasione sul piatto quale quella del Pnrr, ovvero un piano di investimenti che un governo della Repubblica il primo maggio avrebbe potuto far sapere cosa comportava in termini di effetto sull’occupazione. Dai farfugliamenti del vescovo Fitto sembrerebbe che il piano sia più un impaccio che un’opportunità, un rovello indistricabile per il povero conclave. Allora un governo della Repubblica che si riunisce il primo maggio e che inciampa sul Pnrr, fa sapere il suo progetto occupazionale, rende note le risorse disponibili, quali cifre ritiene di dover immettere sul mercato, da dove intende recepirle, cioè quale politica dei redditi predisporre, e fornisce le stime previste di impatto. Altrimenti, per abolire le ridicole misure del governo Conte e tagliare il cuneo fiscale, va bene un giorno della settimana qualunque. Sia chiaro, fa molto piacere che il presidente del Consiglio riceva i complimenti e gli attestati di stima del premier britannico. La miglior risposta a chi si attarda su questioni storiche ideologiche importantissime ma che concernono il ‘900 e che non sarà certo questo governo a dipanare. Ciononostante, si avverte sia sul Pnrr che sul Mes un qualche riflesso autarchico nella natura del governo che non è quello che serve in questo momento al paese, se mai fosse servito.
Bisogna invece congratularsi con il governo sul piano della propaganda perché ha strappato di mano il primo maggio al sindacato e tutti i cittadini stavano ad aspettare il bollettino di palazzo Chigi piuttosto che l’esibizione canora di piazza San Giovanni. Il sindacato non vorremmo dire ci è parso messo persino peggio del governo, con le sue grida di piazza mattutine in attesa dei balli e dei canti notturni. Non si capisce come possa un sindacato dei lavoratori difendere un reddito di cittadinanza. Un sindacato dei lavoratori dovrebbe chiedere al governo più posti di lavoro, non più assistenza e se invece, come è avvenuto con il leader della Cgil, la Uil è più prudente e la Cisl come al solito, è indecifrabile, chiede più assistenza, significa che non crede nell’avvenire lavorativo di questo paese, cioè che non crede nel suo ruolo specifico e nella sua funzione di sindacato. Piuttosto imbolsita fra l’altro.
C’è una vecchia proposta che forse visto che mancano le idee si potrebbe rilanciare. Apparteneva ovviamente ad un uomo della tradizione politica repubblicana più pura, Ugo La Malfa. Ugo la Malfa voleva creare un sindacato dei disoccupati. Si tratta di due milioni di persone che non ci sembra che né il governo né la Triplice siano in grado di rappresentare, meno che mai il primo maggio. Si dovrebbero dare fondi di Stato per organizzarlo ed attrezzarlo con il compito di sviluppare quel progetto occupazionale che manca completamente al paese. Solo i disoccupati a questo punto, viene da credere, potrebbero essere in grado di predisporlo, prima che sia troppo tardi.
La Galleria fotografica della Fiera di Milano ha messo a disposizione de La Voce Repubblicana gratuitamente questa immagine di La Malfa e Parri degli anni ’50 che riproduciamo sempre volentieri.