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Poche idee e confuse, eccetto una

Riccardo Bruno di Riccardo Bruno
4 Agosto 2023
in L'editoriale
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Una Repubblica che si vuole parlamentare, il Parlamento farebbe meglio a tenerlo aperto, tanto a Natale che a Ferragosto, soprattutto con i tempi che corrono. Poi è vero che guadagnando solo 4718 euro al mese i parlamentari hanno pur diritto ad una sacrosanta vacanza, tuttavia chiudere il parlamento proprio con una sospensiva sulla proposta di un reddito minimo da parte dell’opposizione, non è stata quella che si dice una trovata felice. Soprattutto, dopo aver passato una giornata a discutere dell’abbigliamento da tenere in aula. Si presentassero pure in canotta i signori deputati, ma affrontassero le questioni di ordine generale invece di procrastinarle a data indefinita. Anche perché sono governo e maggioranza ad avere più interesse nell’affrontare una questione che rimasta sul loro capo peserà più dell’ombrellone portato in spiaggia. Che problema avrebbe avuto il presidente del consiglio a rispondere alle opposizioni che avendo approvato il taglio del cuneo fiscale vi sarebbe stato comunque un miglioramento salariale per i lavoratori e che questo solo ci si poteva permettere in un sistema derelitto come il nostro con disparità aziendali di ogni genere? Magari si valutava l’ipotesi di prolungare il taglio del cuneo per altri sei mesi. Si discutessero poi gli effetti di tale politica economica sulle tasche dei lavoratori. Altrimenti, se il governo dispone delle risorse sufficienti, si diceva disponibile a sovvenzionare le imprese che non sfruttano i lavoratori ma soffrono delle difficoltà, ringraziava l’opposizione per l’ottima proposta, varava il salario minimo per legge e finiva a tarallucci e vino in qualche ristorante ad Ostia. In ultimo, prendeva l’opposizione di petto. Il minimo salariale lo potevano fare Pd e cinque stelle, se ci credevano, nei loro anni di governo, perché questa maggioranza si rimette alle dinamiche del mercato e si batte per migliorare i salari, non per livellarli al minimo con un decreto.

Insomma, il governo aveva la possibilità di scegliere un’opzione definita e di chiudere la questione subito con tutto il conforto dei voti di cui dispone e lasciare l’opposizione nell’angolo della demagogia spicciola che la contraddistingue penosamente. Invece, cosa ha fatto il governo? Un bel niente. E per quale ragione, forse perché non comprende l’importanza del tema? No, perché, come al solito è un cacadubbi. Vale la pena davvero di mettere in cantiere una riforma costituzionale del premierato, se poi il primo a non avere una direzione di marcia è il capo del partito di maggioranza relativa. Un capo di partito con un’idea forte, per imporla, non ha certo bisogno di cambiare la costituzione. Dispone di tutti gli strumenti politici sufficienti, basta volerli applicare. Invece è evidente che il presidente del consiglio, come i suoi ministri, come i vari partiti della coalizione, hanno all’interno posizioni diverse e procedono a tentoni. Lo dimostra Gianni Alemanno che ha militato a lungo accanto al presidente Meloni e ora le ricorda le origini social corporative riesumate nel simbolo di Fratelli d’Italia. Il Msi di Almirante non avrebbe esitato a mettere il salario minimo per legge e solo per fare un torto al sindacato. Argomento di un certo effetto, visto che se c’era qualcuno contrario al salario minimo, considerata una trovata paternalista della borghesia agiata, era proprio la sinistra di un tempo, Cgil in testa. Poi, per carità, le cose cambiano. Era Rousseau tre secoli fa a dire che solo gli sciocchi restavano prigionieri delle loro convinzioni.

Ora, le convinzioni delle opposizioni sono chiare, Schlein, Conte, Calenda la pensano uguale e Renzi diversa. Come la pensa invece il governo non lo si sa e ci tocca aspettare settembre, forse ottobre. Visto l’andazzo, nemmeno ad ottobre sapremo esattamente cosa ha in testa il governo. Poche idee e confuse. Esclusa quella di andarsene al mare con la famigliola. Questa è unica e chiarissima.

Foto CC0

Tags: agostoMeloni
Riccardo Bruno

Riccardo Bruno

Riccardo Bruno si è laureato in Storia della Filosofia presso l'Università di Roma La Sapienza nel 1988. Dal 1987 al 1989 collabora all'Ufficio esteri del PRI diretto dall'onorevole Vittorio Olcese. Dal 1994 è capo ufficio stampa del PRI, dal 1995 giornalista professionista iscritto alla stampa parlamentare. Nel 1999 è capo redattore de La Voce Repubblicana. È stato poi editorialista per il Foglio di Giuliano Ferrara e l'Indipendente di Vittorio Feltri. Dal 2019 è prima vice direttore de La Voce Repubblicana e poi direttore politico

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