La novità più preoccupante della crisi tunisina è che le autorità nazionali abbiano nel mirino la popolazione sub sahariana di colore. È vero che così intendono mettere sotto pressione l’occidente con la prospettiva di ulteriori sbarchi, ma intanto aprono anche la porta ad una questione razziale che in quella parte dell’Africa ancora non si conosceva. Vi sono enclave arabe convinte di avere origini ariane e non semite. Mai ci si era accorti che i berberi che dominavano il Maghreb, potessero pensare altrettanto e non basterebbe un processo di islamizzazione per giustificarli. Quando in Africa ci si convince di una superiorità etnica di una tribù su un’altra, le cose vanno molto peggio di come pure sono andate male in Europa. Anche per questo è un bene che davanti al ribollire del Mediterraneo, Francia ed Italia abbiano ripreso a parlarsi. Non si può ancora dire quale sia lo stato dei rapporti fra Macron e Meloni, ma escludete che Macron si sia preoccupato della ricostruzione del presidente del Consiglio italiano sulla vicenda delle Fosse ardeatine. È indispensabile che i due governi riprendano a collaborare da subito. La crisi tunisina è comunque niente davanti alla questione libica di cui nessuno si occupa più. Eppure Gheddafi era il principale partner russo della regione con un giro di affari miliardario che Mosca ha visto dissolversi completamente in pochi mesi. I paesi dell’est Europa sono corsi nella Nato sulla spinta delle loro gambe, mentre la Nato ha tolto a Mosca il suo principale partner nel Mediterraneo, dopo avergli già sottratto trenta anni prima l’Egitto, e proprio con Medvedev capo del governo. Medvedev allora super amico di Sarkozy, giurava che non c’era ragione di preoccuparsi.
Putin non la prese benissimo, anche perché né Obama, né Sarkozy ebbero un piano per il post Gheddafi e i russi rientrarono in Libia con Haftar, che francamente avrebbe ragione di far rimpiangere il vecchio colonnello rivoluzionario. Non ci sono elementi per dire oggi che Obama e Sarkozy volessero colpire con Gheddafi proprio la Russia, ma giunti a questo punto, francesi ed italiani devono porsi il problema della stabilità dell’area. È una questione molto delicata perché l’amministrazione americana fa sempre fatica a rielaborare i dossier internazionali dei suoi predecessori ed è evidente che le relazioni fra Trump ed i governi Conte a proposito del caso libico non siano incoraggianti, mentre Biden nemmeno se ne è occupato. Tutti concentrati su cosa accade in un posto insignificante come Bachmut, non ci siamo accorti di cosa avviene dall’altra parte del nostro mare. Eppure Donbass e Libia sono collegate. Ai russi interessa il mar Nero solo come sbocco diretto nel Mediterraneo e Putin stretto in Siria come un tapinello, si è messo in testa di dover superare Pietro il Grande.
Il governo italiano riallacciando i rapporti con la Francia ha fatto la cosa giusta. Bisogna mettere in conto la situazione libico tunisina di cui ci si accorge solo per il nesso ai migranti. Serve invece approntare una politica in quell’area e anche tenere da parte qualche soldo. Macron li vuole risparmiare con la riforma delle pensioni, e fa benissimo. Non si capisce invece da dove pensa di recuperarne l’Italia. Il ponte, dispiace per Salvini, serve con Tunisi e Tripoli, non sullo Stretto.
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