In relazione ad alluvioni e frane, non ho avuto la fortuna di leggere alcuna considerazione tecnica e reale-storica, ma solamente articoli in cui si intravede un desiderio di dare le colpe di tutto ai cambiamenti climatici in essere, molto probabilmente per distogliere l’attenzione dei lettori dalle responsabilità di chi ha gestito il territorio per 50 anni.
Alluvioni. Nel comune di Russi, in provincia di Ravenna, nell’immediato dopoguerra, durante gli scavi per l’estrazione dell’argilla per una fornace, sono stati rinvenuti i resti di una villa romana con più di 500 mq di pavimenti in mosaico con monete del terzo-quarto secolo d. C. La villa sarà stata in essere fino alla caduta dell’impero romano. La quota di quei pavimenti si trova a 8 metri di profondità rispetto al piano di campagna. Le pievi del 1000 d.C. si trovano al piano di campagna attuale. Questo significa che dal 476 al 1000 nel territorio di Russi si sono avuti 8 metri di depositi alluvionali. Cosa è successo? Dopo la caduta dell’impero romano nessuno si è preso cura del territorio, con i fiumi che esondavano portando con sé quanto manca nei calanchi delle nostre colline. L’alluvione porta con sé ciottoli, sabbia, argilla e limo. Arrivando verso la pianura l’acqua perde velocità lasciando cadere prima ciottoli e sabbie, che sono cadute lungo la via Emilia, argilla che è caduta lungo la S.S. San Vitale e limo sull’Adriatica. Questa è un’indagine storica che trova conferma nel fatto che tutte le fornaci laterizi del dopoguerra erano collocate lungo la San Vitale. Il porto di Classe si trovava sul mare Adriatico e ora si trova a circa 7 Km dal mare. Quindi, la mancanza di cura del territorio storicamente ha sempre creato problemi. Credo che situazioni analoghe esistano anche nel resto del territorio romagnolo. Inoltre in quel periodo nelle golene dei fiumi si poteva raccogliere la legna per le case, le canne per impalare i pomodori, le erbe palustri con cui si fanno ancora i condimenti della pasta in Romagna, rane e lumache. Ora con l’integralismo di pseudo-ambientalisti non si può più entrare nei fiumi e nei canali! Questo significa che stiamo tornando alla situazione in cui il nostro territorio si trovava dopo la caduta dell’impero romano? La colpa di quanto avvenuto è di chi ha progettato la sezione dell’alveo dei fiumi troppo piccola o dell’integralismo di pseudoambientalisti che non permettono la manutenzione degli alvei? Rispondo con una considerazione tecnica: la portata di un fiume, di un canale di una qualsiasi condotta di acqua, cioè il volume di acqua che passa nell’unità di tempo, è data dal prodotto della sezione del fiume per la velocità media dell’acqua (la velocità nel centro del fiume è più alta di quella vicino all’argine). (P = S*dx/dt = S*v). Se la sezione del fiume è ostruita da alberi e vegetazione per il 50% e la velocità media si dimezza per il rallentamento causato dalle stesse ostruzioni la portata diventa ¼ di quella che i nostri avi avevano progettato ( P= S/2*v/2 = P/4) e gli altri ¾ esondano.
Frane. Se i nostri tecnici-politici oltrepassassero le Alpi con spirito di osservazione, si accorgerebbero che in Svizzera e Austria, le frane sono molto ridotte, in quanto in quei territori dove si avevano pendenze alte delle colline su laghi e centri abitati si è intervenuti creando terrazzamenti ben drenati col doppio vantaggio di creare delle superfici coltivabili e di incanalare le acque: in Italia ho notato questo tipo di intervento solo in Liguria e nel Teramano (le uva per i vini migliori in Svizzera vengono coltivate nei terrazzamenti sui laghi). Se si può intervenire sul territorio, modificandolo con vantaggi di sicurezza e produttività, i problemi si possono eliminare, se non si può per l’ingerenza di pseudo-ambientalisti e sopraintendenze varie le frane diverranno sempre più ingestibili. Occorre notare che tutte le guardie forestali, che si dovevano occupare delle zone collinari, sono passate all’esercito (carabinieri).
Una possibile soluzione. Dopo aver ridotto fortemente il potere decisionale di pseudo-ambientalisti vari, non essendo in guerra, potremmo ricorrere all’esercito (di cui fanno parte anche le guardie forestali) che con escavatori e autocarri in due mesi metterebbero in ordine i fiumi della Romagna, facendo portare tutta la vegetazione raccolta alle centrali biomasse. Queste, invece di bruciare legna verde con esalazioni asfissianti, potrebbero gratuitamente avere la legna, farla essiccare al sole, e poi bruciarla per ottenere l’energia elettrica, con minori esalazioni. Finito questo lavoro, o contemporaneamente, sarebbe necessario mettersi al lavoro per sistemare il territorio collinare con gli interventi (terrazzamenti) che si riterranno idonei. Questo secondo lavoro dovrà interessare tutta l’Italia