Di Gianni Vattimo bisogna innanzitutto ricordare la sua esemplare correttezza professionale e la disponibilità verso i suoi studenti che andava ben oltre i doveri di un docente universitario. Per lo meno a Palazzo Nuovo a Torino, ma anche in altre università d’Italia, professori di chiara fama come era lui, nemmeno volendo riuscivano ad essere altrettanto scrupolosi nello svolgimento delle loro funzioni di docenza. Vattimo era impeccabile, dalla puntualità degli orari nei corsi, a quelli del ricevimento. Passionale ed inesauribile, era capace di trattenersi a discutere fuori orario su una qualsiasi obiezione gli si ponesse. Se poi lo contestavi, te lo consentiva liberamente, non pretendeva nessun atteggiamento riverenziale nei suoi riguardi. Quando discuteva con i suoi studenti, Vattimo diventava immediatamente uno di loro. Questo aspetto del carattere lo ha contraddistinto per lo meno negli anni di insegnamento e merita di essere ricordato se si vuole definire la figura dello studioso di una materia tanto imperscrutabile come la filosofia, Vattimo, per esattezza, aveva una cattedra di Estetica.
La sua dimensione esistenziale, che anche è oggetto di interesse speculativo, in una intervista recente, parlando di se stesso cita non per niente “Ecce homo”, era segnata da una curiosa contraddizione. Vattimo oscillava fra il desiderio di provocare e un lineare conformismo borghese. Uno dei suoi passatempi più impegnativi era il lavoro a maglia. Perché una persona comune, disinteressata all’ermeneutica, voglia capire autenticamente il pensiero di Vattimo, bisogna aspettare la polemica avvenuta con la comunità ebraica quando venne accusato di essere antisemita. Lo era filosoficamente per la sua frequentazione di Heidegger. Vattimo pensava che “l’essere”, “la radura”, “la cura” heideggeriane fossero l’elaborazione tematica del cristianesimo, quando era invece quella del nazional socialismo. “L’essere per la morte” di Heidegger, non suonava come “la libertà assoluta è la morte” di Hegel, la dialettica del limite idealista. Era l’adattamento del motto del generale Millàn-Astray, “viva la morte”, buono per l’uso delle SS. I poeti del Reich sono i soldati del Reich, questo è Heidegger, che le pietose bugie di Gadamer e della Arendt hanno nascosto per evitargli il carcere. Vattimo era un ingenuo entusiasta del linguaggio di Heidegger, beato lui, e appassionato di Nietzsche, seguì il consiglio di Pareyson, “devi leggere Heidegger”. Fu amore a prima vista. Ma sono proprio gli studi di Heiddegger su Nietzsche che avrebbero dovuto insospettirlo. Scritti nel 1933, è possibile che tutto il pensiero di Nietzsche venga ricondotto all’opera d’arte? Che l’artista sia il prodotto umano più prezioso? Possibile che anche Schelling venga interpretato in questo modo? Cosa si leggeva sui documenti di Adolf Hitler alla voce professione? “Artista”. Possibile che uno studioso come Vattimo non vedesse la libertà del pensiero di Nietzsche demolita completamente da Heidegger? E grazie ad Heidegger che il nazionalsocialismo arruola l’ombra seppur inconsistente di Nietzsche per darsi un tono. La “maschera” viene calata sull’opera di Nietzsche, una caricatura nelle mani della propaganda di Goebbels. Ora a simili argomenti, Vattimo avrebbe risposto con un sorriso gentile, canzonatorio. Trattasi solo di precipitazioni storiche psicologiche di genere emotivo. E come non credergli? È lui il professore. Per lo meno fino a quando non furono pubblicati i quaderni neri di Heidegger che ancora non si conoscevano, così come le denunce dei professori ebrei ad Heidelberg redatte da Heidegger in cerca di una cattedra. Abbiamo cancellato Gentile dalle università, per sostituirlo con un convinto nazista. E Vattimo è diventato europarlamentare. Per evitare eventuali altri imbarazzanti contraddittori, si può ben capire.
L’ ultima opera di Vattimo si intitola da “Heidegger a Marx”, quasi si volesse ricomporre la parabola rovesciata di questa libertà di pensiero incompiuta che è semplicemente il germe del totalitarismo. Vattimo andava a messa tutte le mattine e con il concetto di libertà ha avuto qualche problema. Ad esempio non le poneva mai un confine, sarebbe stato come degradare le possibilità stessa dell’essere. In pratica, perché aggredire Berlusconi con una statuetta, quando si poteva essere liberi di usare una pistola? “Volontà di volontà”, “credere di credere”. Era un pensiero forte quello di Vattimo, non debole, soprattutto un pensiero pericoloso, quello che maggiormente necessita di venir mascherato.
foto CCO
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