Nell’aprile 2017 il presidente Trump ordinò un bombardamento di 59 missili che vennero lanciati dalle forze Usa nel Mediterraneo sulla Siria, adducendo l’uso di armi chimiche da parte di Assad ad Aleppo, dove erano morti donne e bambini. I primi a protestare furono i russi che avevano mezzi e uomini nella Regione e che furono colpiti. Putin accusò l’America di violazione del diritto internazionale e minacciò un ricorso all’Onu. Ne venne giù un putiferio in cui si distinse su tutti la stampa italiana pronta ad assicurare, il quotidiano la Repubblica, che Trump estendeva il conflitto in medio oriente, che gli esiti sarebbero stati imprevedibili, che l’Iran avrebbe reagito, che si andava all’escalation. L’opinione pubblica internazionale nel suo complesso rimpiangeva Obama. Mandato il suo ambasciatore Stevens a Bengasi senza nemmeno la protezione di un mezzo blindato, Obama ne avrebbe raccolto il cadavere a Washington sparendo per tutto il resto del suo mandato dallo scenario libico. Quello si che era un capo della nazione.
Sotto le bombe di Trump, Putin starnazzò più del solito, eppure non disse come oggi che avrebbe dato ad Assad i missili per colpire gli americani che lo avevano attaccato. Per la semplice ragione, che non puoi rispondere ad un atto di guerra con la propaganda, Putin o Assad, vittime di un bombardamento avrebbero dovuto sparare. Cosa fecero invece? Un emerito bel niente. Chiacchiere buone per le proteste dei media, guardandosi bene dal provocare una nuova reazione militare statunitense. A disdetta dei catastrofisti, la presidenza Trump non registrò nessun altro incidente in Medio oriente, al contrario. Invece della promessa aggressione iraniana e siriana ad Israele, vennero firmati gli accordi di Abramo. Semplicemente, Trump aveva fatto la cosa giusta, ovvero far sapere che l’America era in grado di intervenire direttamente e pesantemente nell’area, di non scherzare.
Perché oggi Putin dichiara di voler dare missili a paesi terzi per colpire obiettivi Nato, quando non li diede ad Assad per rispondere all’attacco americano? Oggi è il sei giugno, ottanta anni fa Eisenhower era preoccupato perché dopo dieci giorni da quella data, ancora non era caduta Caen difesa dalle divisioni della Panzer Hitler Jugend. Putin dopo più di due anni sta ancora a combattere in Ucraina contro elettricisti e contadini, cosa volete che rifornisca qualcuno. Deve pensare a rifornire se stesso tanto è vero che acquista i missili più scadenti al mondo, quelli nord coreani, uno su due esplode per aria. La Germania è comunque molto preoccupata. Berlino ha annunciato che nel 2029 dovrà essere pronta a rispondere a qualsiasi minaccia. Se c’è una minaccia, i russi sono a Kaliningrad, questa è domanti mattina, non nel 2029. Nel 2029 sarà troppo tardi soprattutto con paesi europei che si fanno scrupolo di colpire i russi, che danno armi all’Ucraina buone per una battaglia campale del secolo scorso.
Putin ha dalla sua una sola forza, l’irrisolutezza, il timore, i tremori dell’occidente. Una presidenza fuori controllo come quella Trump lo mise subito a posto. 59 missili e tanti saluti, quei missili che l’Ucraina sta ancora aspettando dalla presidenza Biden, per difendersi domani, quando è sotto attacco adesso.
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