L’amico Aldo Da Rold si è spento nella giornata di ieri all’età di 96 anni, praticamente tutti passati nel partito repubblicano italiano a cui aveva aderito fin dal 1948, dopo l’esperienza azionista. Il padre Alessandro fonda il partito d’Azione nel bellunese, ed un giovanissimo Aldo sale in montagna nelle formazioni di “Giustizia e libertà” che operano fino al trevigiano. Si deve anche alla sua attività partigiana buona parte del radicamento repubblicano nel territorio veneto. Quando ci si chiede come mai il Pri aveva una trazione politica in quelle zone piuttosto che a Venezia, o Verona, é perché sorge l’azionismo e c’è la montagna dove i Da Rold combattevano il fascismo armi in pugno. Poi con la pace la professione di medico viene spesa interamente al servizio della comunità. Da Rold non conosceva festività e vacanze di sorta che gli impedissero di stare al suo ambulatorio fra i pazienti.
Con una lunga esperienza in consiglio comunale, spesso dai banchi dell’opposizione, Aldo si ritrova sindaco nell’agosto del 1990 a seguito delle tensioni fra socialisti e democristiani esplose un po’ in tutte le Regioni. Allora il Psi doveva mettere pressione sul governo Andreotti per favorirne uno Craxi. La politica italiana consumava il suo solito ballo sul Titanic e Da Rold, è il caso di dirlo, si rassegnò alla carica istituzionale. Quando la segreteria nazionale del partito seppe che si stava per dimettere già ai primi di dicembre di quell’anno, lo invitò a non cedere. Conoscemmo Da Rold per quello che era. “Ho guidato per centoun giorni Palazzo Rosso dignitosamente. Ne resto ancora un altro e divengo una marionetta”. Non gli importava niente della poltrona ad Aldo eravamo noi a Piazza dei Caprettari ad essere fissati. Soprattutto Aldo non aveva intenzione a mettersi brigare per un posto. Uno formatosi in montagna come lui disprezzava le manovre di corridoio.
Tutto d’un pezzo, vecchio antifascista combattente, ritenne un errore e non un merito lo sdoganamento della destra nazionalista e ancora di più fu avverso all’accordo con Berlusconi del 2001. Scrisse una lettera alla segreteria esprimendo le sue critiche riservatamente, senza mai darne pubblico risalto, per lo meno a nostra conoscenza. Non faceva battaglie interne al partito Da Rold. Per quanto potesse essere rimasto deluso mantenne la sua tessera in tasca rassegnandosi alla maggioranza. Ne aveva viste talmente tante, che non c’era particolare ragione di scomporsi.
Ha avuto la possibilità di votare ancora per l’edera nel 2018 dopo più di vent’anni e speriamo gli sia stato di conforto. L’eventuale affermazione elettorale dei reduci della Repubblica sociale da lui combattuta già a 17 anni, invece se l’è risparmiata.