“Cosa volete che me ne faccia io della libertà, Eccellenza?”, Guerra e Pace, Tolstoj
La guerra dei libri sicuramente la sta perdendo Zelenskj, perché i russi nel Lugansk hanno bruciato solo i testi ucraini trovati nella Regione, Gogol e Bulgakov sono salvi. Questo mentre il provvedimento del governo di Kyiv, del maggio dell’anno scorso, fa strage di cento milioni di libri, inclusi gli autori ucraini più prestigiosi che hanno scritto in russo. È un punto culturale molto delicato per il quale gli ucraini rischiano di danneggiare esclusivamente il loro patrimonio letterario che è altissimo dal momento che conta autori formidabili e che appunto scrivevano in russo. Anche la possibilità di reperire determinati testi quando si mette in opera una distruzione sistematica, per un popolo bilingue, diverrebbe oggettivamente impresa molto difficile. È vero che i libri in lingua russa in Ucraina sono iniziati ad essere stati bruciati ben prima del provvedimento governativo, ma l’atto di disperazione e di rabbia di un rifugiato sotto le bombe non deve diventare quello di un intero popolo. Pensiamo se in Israele non si potessero trovare libri in tedesco o autori tedeschi. Gran parte della letteratura ebraica del ‘900, Zweig, Werfel, Schnitzler, Joseph Roth, è in lingua tedesca, e Israele ha rivendicato la proprietà dell’opera di Kafka, non certo per distruggerla. Gogol e Bulgakov non solo scrivevano in russo, ma pure consideravano la Russia la loro patria a tutti gli effetti. Ci sarebbe da temere che nel provvedimento governativo si voglia colpire proprio il senso di appartenenza o la contiguità con la Russia più che la lingua. E pure non c’è dubbio alcuno che Gogol e Bulgakov servano più alla cultura ucraina che a quella russa che non ha saputo che farsene, dal momento che il loro messaggio è fondamentalmente di libertà. Lo stesso vale per autori russi come Pasternak, o Nina Berberova, per non parlare dell’Achmatova. Curiosa e pericolosa idea, quella di preoccuparsi della lingua degli autori e non del loro pensiero.
C’è poi un aspetto pratico. Se si distruggono cento milioni di libri e di conseguenza si perde una massa di questo genere, ammesso anche che si voglia sostituirla ci vorrà del tempo e una linea strategica editoriale ben definita. Non proprio un’impresa facile. Il rischio è che subentri un mercato europeo in cui gli autori russi sono comunque ricompresi e quelli ucraini no. L’autore russo più tradotto in francese, che scrive anche in francese nei suoi romanzi, è Tolstoj. E pure se c’è un autore russo che l’Ucraina potrebbe tranquillamente mandare al macero è proprio Tolstoj che rischia invece di ritrovarsi come il più diffuso nelle case. Lo stesso problema vale per gli autori ucraini, Trotskij è stato più tradotto in Europa di quanto lo siano Gogol e Bulgakov, soprattutto in Francia ed in Spagna, ma anche in Inghilterra ed in Italia, anche se via via sempre meno.
Tolstoj nonostante la sua formazione occidentale, amava Rousseau e Goethe, produce un’ opera che rappresenta il vero manifesto erudito dello slavofilismo. In confronto Solgenitsin appare un pivello dilettante. Un capolavoro come “Guerra e Pace”, è il rifiuto di ogni razionalismo, di ogni illuminismo, l’apologia della sottomissione, del sangue e del suolo. Nessuna alzata di testa , è Dio che pensa a tutto. Guai ad invertire l’ordine delle cose, questa è la ragione dell’odio per l’occidente e per il suo principale interprete, Bonaparte. Tolstoj, un genio unico ed assoluto, lo fa con il garbo delle argomentazioni fornite proprio dai lumi, non si presenta certo come un bieco reazionario. Il suo protagonista è il conte Bezukov, un bonapartista, un massone, che si riscatta. La stessa rivoluzione, ci dice direttamente Tolstoj quando Bezukov non gli pare all’altezza di spiegarci le cose, è un ragazzone timido e pasticcione, poteva diffondersi con i libri ed i giornali, non c’era bisogno delle baionette, della ghigliottina. Certo, tutta l’Europa aggredisce la Rivoluzione per soffocarla e nessun paese aveva la libera stampa fuori dalla Francia ed i preti eccitano i contadini alla rivolta in Vandea. gli inglesi sbarcano a Tolone. Serviva proprio la carità cristiana di Tolstoj per fronteggiare tutto questo. E comunque non è importante il giudizio storico di Tolstoj, quanto quello filosofico espresso sull’inutilità della lotta. Zelenskj, in generale, farebbe bene a non far bruciare libri, perché anche questi, a volerli recuperare, hanno un costo. Se poi proprio non può rinunciare all’idea di dare uno schiaffo alla Russia sul piano culturale, anche con la controffensiva che arranca, si comprende, al limite potrebbe bruciare il solo Tolstoj. Persino Dostoevskij, in confronto, appare un sostenitore delle magnifiche sorti e progressive,
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