Dopo la fase acuta dell’emergenza alluvione, nella quale tutti hanno lavorato insieme dando vita allo spettacolo meraviglioso degli ‘angeli del fango’ che spalavano la melma cantando ‘Romagna mia’, stanno prendendo quota le polemiche. Riguardano la gestione dell’emergenza, soprattutto per la mancata attuazione di interventi preventivi di salvaguardia nonostante le allerte meteo parlassero chiarissimo e ci fosse già stata una prima alluvione in alcune zone della Romagna nei primi giorni di maggio, e la gestione dei rimborsi.
Cesena è stata la prima fra le città romagnole a essere colpita dall’alluvione, ma è stata anche la prima a riprendersi, poi l’emergenza ha lasciato il primo piano alle polemiche. Quella che tiene il banco a livello politico riguarda la nomina del commissario straordinario per la ricostruzione. Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia-Romagna, è entrato in campo convinto di tirare un rigore a porta vuota in quanto ha già la squadra pronta essendo il commissario straordinario per la ricostruzione dopo il terremoto del 2012 nella Bassa modenese, ma forse aveva dimenticato di essere da otto anni anche commissario straordinario per l’emergenza idrogeologica, per la quale non ha fatto una gran bella figura insieme a Elly Shlein che era la sua vice prima di fargli lo sgambetto nella corsa per la segreteria del PD, restituendo al Governo 52 milioni che non è riuscito a spendere. Il Governo di centrodestra ha fatto resistenza al pressing: ha mandato avanti il ministro per la Protezione civile Nello Musumeci che ha detto due frasi storiche: “l’alluvione non poteva essere evitata, ma i danni potevano essere limitati” e “il Governo non è un bancomat”.
Il governo guidato da Giorgia Meloni ha fatto sapere che nominerà commissario straordinario un tecnico, non un politico, suscitando proteste: per Bonaccini avere dieci miliardi di euro da gestire significherebbe un’assicurazione sul (suo) futuro.
Le polemiche sono anche a livelli operativi: a Cesena ci si lamenta per gli allarmi esondazione dati in ritardo, quando era ormai impossibile mettere in salvo qualcosa, e diffusi solo attraverso i canali social (Telegram e Facebook), e per la mancata distribuzione di sacchi di sabbia.
“Abito a Ronta, nella bassa cesenate, a 800 metri dal fiume Savio, e mai avrei immaginato di poter essere alluvionato – ci ha detto un farmacista che vive in una casa che aveva nel piano seminterrato garage con due auto, tavernetta e soprattutto studio con computer e archivio della farmacia. Se mi avessero avvertito con una sirena o un’auto con megafono avrei potuto mettere in salvo almeno il computer e le auto, invece è andato tutto sott’acqua e non c’è più alcunché di recuperabile”. Se fosse stato dato l’allarme in modo adeguato forse non ci sarebbero stati neppure i tre morti per i quali, prima o poi, la Procura della Repubblica dovrà aprire un’inchiesta dedicata, mentre fino a ora pare ci sia solo un fascicolo generico. Ma invece di diramare allarmi che raggiungessero tutti i cittadini e di fare intervenire i mezzi per liberare dai tronchi che ostruivano il passaggìo della piena sotto i ponti, il sindaco di Cesena Enzo Lattuca era costantemente in collegamento con tutte le televisioni nazionali e locali.
Un’altra polemica riguarda le ‘casse di espansione’, cinque bacini previsti da una relazione regionale del 2011 per mitigare gli effetti delle piene del fiume Savio: a distanza di 12 anni in due casi gli scavi non sono neppure iniziati, in altri due non sono ancora stati ultimati e in un solo caso la ‘cassa’ è stata completata. Comunque il funzionamento delle ‘casse di espansione’ è stato molto parziale, tanto da alimentare il sospetto che fossero solo pretesti per autorizzare cave di ghiaia e sabbia altrimenti non consentite. Situazione analoga nelle altre zone della Romagna.
L’ultima polemica (in ordine di tempo) riguarda i risarcimenti per i danni patiti a causa dell’alluvione: i comuni hanno stilato gli elenchi nei primi giorni di giugno e li hanno girati alla Regione che a sua volta li ha trasmessi al Governo, ma chi li ha esaminati ha avuto l’impressione che siano stati sovraccaricati per decine di milioni di euro. Il Comune di Cesena, per esempio, ha inserito la sistemazione di tetti e infissi di quattro palazzi storici (tra i quali il municipio e la Biblioteca Malatestiana) perché le piogge torrenziali hanno causato infiltrazioni, ma è evidente che una più attenta manutenzione avrebbe evitato i danni, come ha sottolineato la giovane e battagliera onorevole Alice Buonguerrieri (Fratelli d’Italia) in un’intervista al Resto del Carlino.
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Articolo incisivo che mette in evidenza carenze organizzative, operative e strutturali.