Dal primo giorno della ripresa dei combattimenti al confine libanese, la voce repubblicana ha chiesto umilmente al governo italiano di ritirare il suo contingente dalla missione Unifil. Per quanto sgradevole, la ragione era molto semplice, questa missione Onu era fallita. Soprattutto, i nostri soldati non dispongono di regole di ingaggio adeguate alla propria difesa. Il solo fatto che il governo italiano abbia chiesto ad Israele di garantire la loro presenza, rivela la totale inadeguatezza della missione, che, in quanto militare, dovrebbe sapersi difendere da se stessa. In particolare, gli uomini della orgogliosa brigata meccanizzata Sassari, non sono la croce rossa e non si può chieder loro di nascondersi sotto terra quando gli si spara.
La reazione del governo italiano è stata da una parte impropria, dall’altra incauta. Impropria, perché anche solo pensare che Israele possa attaccare Unifil, significa non avere cognizione politica dell’esercito israeliano. Incauta, perché l’ostinazione di voler restare senza poter più esercitare compito alcuno, comportava solo esporre ad un rischio ulteriore i soldati italiani comunque costretti fra i due fuochi. Il governo italiano avrebbe dovuto capire che se Israele aveva colpito Unifil, l’accaduto era accidentale. Dietro Unifil si riparano reparti delle milizie di Hezbollah capaci di sfruttare la posizione sul campo, come pure è stato dimostrato. Invece, il governo si è screditato aprendo un contenzioso diplomatico con lo Stato ebraico. Mentre se Hezbollah colpisce le forze italiane, le colpisce primo, perché sono occidentali e a maggior ragione, poi, perché il governo italiano ha difeso il premier Israeliano Netanyahu dalla sentenza della Corte di Giustizia. Il governo non si rende nemmeno conto che se si ritrova impegnato in una missione internazionale di pacificazione, deve attenersi a criteri di rigorosa neutralità. A farlo è stato, a ragione o torto, il ministro Crosetto, che si era rimesso alla sentenza, E cosa è avvenuto? Che subito Crosetto è stato smentito dal vice presidente del Consiglio Salvini e poi dalla stessa onorevole Meloni.
Il governo pensa di risolvere la questione, mostrandosi indignato e dichiarando che l’attacco alle forze Unifil vada considerato “inaccettabile”. Parola proferita dopo l’incidente israeliano e ripetuta tale e quale ieri per commentare l’attacco volontario dei terroristi sciiti. Eppure dal momento che i nostri militari non possono rispondere al fuoco, in entrambi i casi il governo ha accettato gli eventi eccome. Altrimenti, volendo continuare una missione divenuta completamente priva di senso, ci si sarebbe per lo meno preoccupati di richiedere una modifica delle regole di ingaggio. Se a Palazzo Chigi pensano che sarà la bandiera dell’Onu a proteggere i soldati italiani, hanno ragione coloro che accusano il presidente del Consiglio di vivere oramai fuori dalla realtà. Esattamente come chi ancora è convinto, che nell’attuale contesto l’Unifil serva a proteggere i civili, oramai scappati dalla zona interessata a gambe levate. L’Unifil è rimasta ancora là. Di veramente inaccettabile c’è solo quest’inerzia sprovveduta del governo insieme all’ignavia delle Nazioni Unite, mentre sono in ballo le vite dei nostri militari.
licenza pixabay