Un estimatore della vecchiaia fu Marco Tullio Cicerone. che sicuramente avrebbe voluto averne una, convinto com’era che ogni età della vita offrisse frutti da cogliere, così come scriveva nel suo Cato Maior de senectute. Nessuno più di Cicerone, conosceva giovani affatto privi di ogni virtù repubblicana, come dimostra Catilina prima dei vent’anni, tanto che alla guida dello Stato, meglio disporre di uomini più anziani, Anche se per Roma era difficile da immaginare un ottantenne rivendicare cariche pubbliche, Caio Maio ottiene il suo settimo consolato a 71 anni che a quell’epoca certo valgono gli ottanta di oggi. Alla scuola di Cicerone possono dunque iscriversi sia il presidente Biden che ha messo le mani avanti, dicendo, contano le idee e non gli anni, sia Trump, cinque anni di meno del suo rivale e già chiama la moglie Melania, Mercedes.
La questione meritevole di interesse non è dunque che in America si confrontano due ottuagenari alle presidenziali, piuttosto che per la prima volta si ripete uno scontro già visto nelle presidenziali precedenti. Questo in effetti per Roma sarebbe stato impossibile e nemmeno era mai successo nella non breve storia della democrazia statunitense. Per la prima volta l’America dà un’immagine di se stessa esattamente identica a quella di quattro anni fa, come se l’America non sapesse più andare avanti. Ci fosse un out sider dell’ultimo momento che tentasse di rovesciare il piatto, tutto lo scenario cambierebbe di colpo e chissà cosa accadrebbe.
Il ripetersi di una campagna elettorale già vista dove i toni possono solo inasprirsi acuirà sicuramente una condizione di frattura nell’elettorato americano che può provocare tensioni difficili da gestire, considerata l’appendice amara dell’assalto a Capitol Hill. Nulla che comunque l’America non abbia già provato e superato anche in altri frangenti. Un’aspra contestazione elettorale avvenne da parte di Gore contro Bush jr, mentre nessuna crisi istituzionale fu pari a quella aperta da Lincoln con la guerra civile. Per quanto gli americani possano lacerarsi è difficile immaginare che si possa precipitare in simile situazione, anche perché le ragioni di unità del popolo americano dovrebbero prevalere sulle divisioni, per lo meno a guardare la situazione internazionale, piuttosto complessa.
Tutte le democrazie sono come abbagliate dalla potenza della presidenza americana, senza quasi rendersi conto dei contropoteri di cui dispone, il Congresso, la Cia, lo Fbi, l’opinione pubblica, le corti di Giustizia. La linea della politica internazionale la fissa la Cia e l’ex capo della Cia, il generale Petreus ha appena detto che se la Russia vincesse la guerra in Ucraina, l’America entrerà in guerra con la Russia. Un ex capo della Cia non parla mai a casaccio. Per cui la prossima presidenza americana ha tre strade davanti, armare l’Ucraina perché vinca, armarla quel tanto perché la guerra continui fino allo sfibramento della Russia, combattere la Russia cadesse l’Ucraina. Il presidente avrà la scelta della soluzione prospettata, non quella di ribaltarla. Finora sulla politica internazionale non ci sono state grandi varianti fra Obama. Trump e Biden, se non su Israele. Sull’Afghanistan, per quanto Trump trovasse ridicole le regole di ingaggio dell’amministrazione precedente le rispettò così come Biden a cui pure era evidente il prezzo da pagare per il ritiro stabilito delle truppe, lo stesso si ritirò. Trump è stato più morbido con la Russia di Obama che lasciò a Putin di prendersi la Crimea e di assistere Assad in Siria? Piuttosto Trump bombardò subito la Siria e fermò l’accordo sul nucleare iraniano che Biden non ha ripristinato. Meglio non pensare se quell’accordo preso da Obama fosse andato avanti in questi otto anni. Oggi l’Iran potrebbe avere l’atomica. Se Trump è indifferente alle sorti dell’Europa tanto da chiedere di mantenere la Nato solo se i paesi membri ne pagano le spese, Obama si concentrò interamente sul Pacifico, tanto da assistere al fiasco più completo nel Mediterraneo con la morte dell’ambasciatore Stevens. Biden ha cercato di rimediare ma è chiaro che non potrà sostenere Israele a lungo se non si distacca da Netanyahu. Trump al contrario sostiene proprio Netanyahu e questo può decidere i rapporti con la Russia, molto più di quelli che si possono avere con Zelensky. Insomma la politica estera americana proseguirà il suo stesso corso, partendo da Est, o dal Medioriente, l’obiettivo sarà comunque ripristinare gli accordi fra Arabia Saudita ed Israele, che promosse proprio Trump nel 2020 e che Biden portò avanti successivamente.
L’immagine statunitense è sempre stata importante, quella di Kennedy cambio il mondo e quando Kennedy arrivò alla Casa Bianca la classe politica europea era terribilmente più vecchia e più stanca. Oggi l’Europa ha un ceto di governo che ha quasi la metà degli anni del futuro presidente degli Stati Uniti. Questa inversione generazionale del comando in America, rappresenta una forma di decadenza, i giovani americani si tengono lontani dalla politica in prima persona, preferiscono gli affari o gli studi, il che, alle lunghe, potrebbe essere anche un bene. Piuttosto non ci sono garanzie che la rampante classe politica europea rappresenti un qualche progresso rispetto a quella più anziana scomparsa.
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