Il repubblicanesimo ieri e oggi. Il repubblicanesimo in Italia e negli Stati Uniti. Per approfondire queste tematiche abbiamo posto delle domande allo storico Michael Patrick Cullinane, affermato e pluripremiato studioso della figura che più ha incarnato, nell’età dell’avvento delle grandi masse, il repubblicanesimo americano: Theodore Roosevelt, 26°Presidente degli Stati Uniti. Cullinane è titolare della cattedra di U.S. History presso la Dickinson State University (ND). Ha pubblicato articoli su The Washington Post e Smithsonian Magazine. Ha collaborato con History Channel Online. È public historian della Theodore Roosevelt Association.
Roosevelt, uomo di carattere ma anche di cultura, aveva una forte e marcata idea di repubblicanesimo. Che significato attribuiva di preciso a questa parola? «Roosevelt attribuiva come significato alla parola repubblicanesimo il senso di cittadinanza e il senso del dovere. I benefici della libertà richiedevano che i cittadini si assumessero le responsabilità che il vivere democratico comporta. Pertanto questi due aspetti, cittadinanza e dovere, sono strettamente legati. In tutti gli scritti di Roosevelt risulta chiaro che egli attribuiva alla responsabilità civica un alto valore».
In Europa si teme che l’America di oggi possa abdicare al suo ruolo secolare e fare passi indietro rispetto al suo sentimento repubblicano. Esagerazione o verità? «Gli Stati Uniti si trovano ad affrontare molte delle sfide che il resto del mondo affronta. La democrazia viene regolarmente messa alla prova da demagoghi che sfruttano le nostre emozioni piuttosto che il nostro intelletto. Nel ventunesimo secolo, la tentazione è ancora maggiore dato il nostro accesso ai social media e la necessità di distinguere la verità dalla finzione su Internet. Ma questo non è un problema che riguarda esclusivamente gli Stati Uniti».
In diversi discorsi di T. Roosevelt è presente il tema di Dio, in qualche modo sempre connesso con il tema della Libertà. Si avverte in questo (Dio come Libertà) un’influenza del protestantesimo? «Roosevelt era un “pan-cristiano” laico. Credeva fermamente nella separazione tra stato e chiesa. Nutriva una forte ammirazione per la Chiesa Riformata Olandese e per la Chiesa Episcopale, a cui apparteneva sua moglie. Aveva molti amici di fede cattolica e nominò il primo membro di governo di fede ebraica. Considerata la natura pubblica di Roosevelt, è sorprendente che la sua fede personale sia rimasta confinata nella sfera privata. Tuttavia vi allude in alcuni discorsi e scritti».
Roosevelt aveva letto di Giuseppe Garibaldi e anche di Giuseppe Mazzini, l’apostolo dei repubblicani italiani, il quale fondava le sue tesi sulla responsabilità personale e sull’impegno individuale. Nella nostra epoca possono essere ancora attuali tali idee? «Le idee di responsabilità personale e civica sono senza tempo. I discorsi di Garibaldi, Mazzini e Roosevelt sul senso di cittadinanza si sovrappongono notevolmente».
Motto del partito politico fondato da “Teddy” Roosevelt, il Progressive Party (Partito Progressista), era questo: “pass prosperity around”. Cosa può significare, in termini concreti, oggi? «Al contrario di quanto comunemente si pensa, il discorso “Passa la prosperità” non è in realtà di Roosevelt, ma di Albert Beveridge, il quale lo tenne alla convention del Partito Progressista che nel 1912 candidò Roosevelt alla presidenza. Riguardava principalmente le pratiche commerciali sleali, il clientelismo, il lavoro minorile e il suffragio femminile. Per riassumerlo nel contesto politico odierno, si potrebbe dire che il partito si batteva per la giustizia sociale».