Il quadro macro economico prospettato dalla Banca d’Italia nel giugno del 2020 era migliore di quello che è stato descritto ieri dal Governatore Visco nelle sue Considerazioni finali. Allora osservammo modestamente, che per recuperare davvero la percentuale di pil che il Governatore riteneva possibile recuperare entro l’anno seguente, sarebbe stato necessario un altro governo, perché non si capiva come si potesse far ripartire la crescita del paese con un governo che chiude tutti in casa alla prima occasione. Con un altro governo, più o meno nei termini ottimali previsti dal Governatore, la crescita si è rimessa in moto. Oggi ci sarebbero quindi le condizioni nazionali per una crescita economica ulteriore. La buona performance della nostra piccola e media impresa esportatrice, i piani di resilienza, ne sarebbero il volano. Invece tutto è compromesso dalle conseguenze della guerra. L’incertezza è tale che forse il Governatore poteva persino risparmiarsi le sue Considerazioni finali per aggiornarle alla fine della guerra, che purtroppo nessuno, nemmeno la Banca d’Italia è in grado di prevedere.
La vera arma di cui dispone Putin, non è ovviamente la bomba atomica, per prima incenerirebbe la Russia e basta guardare la carta geografica per campirlo. E nemmeno lo è un esercito tanto obsoleto da non essere ancora riuscito a conquistare il Donbass dopo novanta e più giorni di bombardamenti al tappeto. È come se l’Italia non riuscisse a conquistare la Repubblica di San Marino. L’autentico arsenale di Putin è la minaccia economica, per le relazioni profonde intessute con i paesi europei e per il ruolo che l’Ucraina esercita nel settore alimentare africano in particolare. Putin confidava che davanti agli affari e alla fame, gli si lasciasse mano libera, senza opporgli resistenza ed è evidente che ancora non si capacita di come questo non sia avvenuto.
Il leader russo, di cui si discute dello stato di salute, è per lo meno affetto da miopia. Non vedeva come nel mondo ci sia ancora una sufficiente statura morale per opporsi alla soperchieria di uno Stato, quali che siano le relazioni commerciali e finanziarie che lo riguardano. Poi tutti vogliono veder concludere la guerra e riprendere i loro interessi economici, solo che ci sono due modi per concludere una guerra. Il primo è un compromesso fra le parti contraenti che significherebbe uno smembramento di un paese sovrano. Il secondo è la sconfitta di uno dei due belligeranti. Di questi due modi, più rapido sicuramente sembrerebbe ancora l’accordo spartitorio, non fosse che il presidente della Commissione europea ed il presidente del governo italiano hanno detto che “l’Ucraina deve vincere”, il primo, e “Putin non deve vincere”, il secondo. Concetti diversi ma sostanzialmente legati fra loro e tali che non consentono all’Ucraina di essere estromessa dalle decisioni che concernono il suo futuro.
L’economia italiana, di cui pure non si possono tracciare particolari previsioni mostra quindi secondo l’analisi del governatore un percorso obbligato, per lo meno se vuole mantenere le potenzialità di crescita che detiene. La riduzione del debito, le riforme strutturali necessarie indicateci dall’Unione europea. In entrambi i casi il governo Draghi è ancora la migliore soluzione per poter rispettare entrambi questi obiettivi. Ci sarebbe semmai da chiedersi se la sua maggioranza al completo ne ha la consapevolezza e sarebbe il caso di dubitarne.