Per “il bene della gente nel mondo, Yulia Navalnaya ha assunto il ruolo di leader sulla scena mondiale”. Così scrive la vicepresidente statunitense Kamala Harris in un breve profilo della vedova dell’oppositore inclusa nella lista di Time delle 100 persone più influenti del 2024, affiancandole ai grandi nomi della dissidenza russa e della lotta per i diritti umani. Una figura quella della vedova Navalny che da molti viene affiancata a quella di Ada Gobetti, di Anna Politkovskaja e che viene descritta come l’anima capace di unire le opposizioni russe ormai disgregate. A pochi mesi dalla morte di Aleksej Navalny occorre però riflettere su quali cambiamenti abbia portato la sua morte e quale eredità si troverà a dover gestire la sua consorte in una Russia in cui ogni concreto antagonismo a Putin sembra impossibile. Per parlare di questi temi abbiamo intervistato una grande giornalista come Anna Zafesova, già corrispondente da Mosca per La Stampa, ed autrice del libro Navalny contro Putin. Veleni, intrighi e corruzione. La sfida per il futuro della Russia (2021), tra le voci più autorevoli sui cambiamenti della politica e della società russa.
Dottoressa Zafesova, cosa è cambiato con la morte Navalny in Russia? «La morte di Navalny ha mostrato come il regime di Putin non ha intenzione di fermarsi davanti a nulla nelle sue ambizioni imperiali neanche di fronte all’opinione pubblica internazionale o ad un danno della propria immagine pubblica come quello dell’uccisione di un dissidente politico. Un fattore ancora più evidente dopo l’elezione delle scorse settimane che evidenzia che non c’è nessuno spazio per una azione politica legale nella Russia di Putin. Oggi, inoltre, l’opposizione non ha un leader chiaro ed anzi sembra divisa e disgregata in molti particolarismi. A mio avviso solo Julija Naval’naja potrebbe svolgere questo ruolo simbolico di collante delle molte anime dell’opposizione al regime di Vladimir Putin».
La vedova di Navalny, secondo lei, potrà essere la Ada Gobetti dei dissidenti russi incarnando l’eredità morale del marito? «Lei potrebbe essere anche qualcosa di più di quello che fu nel contesto antifascista Ada Gobetti, perché ha seguito il suo destino politico non solo come una compagna leale ma anche come una dissidente e una oppositrice politica vera e propria. Non è soltanto una vedova, ma una figura capace di unire l’opposizione forse di più di suo marito, su cui gravavano ancora alcune superate mistificazioni. Vedremo che tipo di spazio e di ruolo potrà avere, ma credo che avrà un grosso potenziale».
Non solo come testimone ma quindi anche come erede della figura di Navalny... «Certamente soprattutto perché potrebbe unire le opposizioni in Russia superando le contraddizioni che esistono nel mondo dei dissidenti».
Tornando sulla figura di Navalny molti gridano al double standard, soprattutto in relazione alla figura di Julian Assange, cosa ne pensa? «È una insensatezza perché da una parte abbiamo un leader politico che ha attaccato e denunciato il regime russo per difendere e garantire la libertà e la democrazia in Russia e per questo è stato ucciso in carcere. Mentre Julian Assange non è né un capo dell’opposizione né un dissidente. Lui ha agito in un contesto democratico ed infatti la sua difesa, a prescindere dalla valutazione sul personaggio e del caso, viene garantita da leggi democratiche. Al di là del trattamento di Assange mi sembra un paragone inconsistente che anzi cerca una parificazione tra Stati Uniti e Russia che mi sembra insensata ed errata».
A due anni di distanza dall’invasione russa oggi che bilancio trae di questo conflitto? «Direi che ci siamo accorti che non è solo una disputa sub-regionale tra potenze lontane di esito breve. Si tratta invece di una guerra lunga, che avrà conseguenze globali e che avrà un ruolo determinante anche nell’opinione pubblica. In questi mesi la guerra appare come una lunga, faticosa e difficile maratona che comporta pericoli per l’Europa e la sicurezza di molti paesi come la Polonia, la Germania e la Finlandia. Si inizia a capire che esiste la probabilità di un attacco russo all’Europa. Una probabilità che sarebbe stata evitabile se avessimo sostenuto prima meglio l’Ucraina nella sua resistenza».