“L’essere dello spirito, è un osso”. Hegel, Fenomenologia
Per essere un paese di hegeliani, Croce, Gentile, Salvemini, Spaventa, De Sanctis, ci si aspettava una qualche celebrazione per l’anniversario della nascita di Hegel, 27 agosto 1770, di cui francamente non ci si è accorti. Verrebbe il sospetto che tanto hegelismo fosse in realtà dipendente dallla soggezione per Marx, caduta questa, Hegel è stato riposto negli scaffali. Che poi Marx con Hegel c’entra davvero poco. Marx mai lo conobbe Hegel, fu invece allievo di Schelling a Berlino quando quello venne chiamato dal governo prussiano per estinguere il pensiero di Hegel nelle università. Su Marx la filosofia della scienza messianica dell’ultimo Schelling pesa molto di più che la dialettica razionale di Hegel, per non dire proprio che Marx conosce meglio la destra hegeliana, Bauer, Fischer, Gans, piuttosto che il pensiero e l’opera di Hegel.
Sono invece rimasti in circolazione a lungo i vecchi nemici di Hegel, Schopenhauer prima, Popper poi, che hanno fatto più danni che altro. Schopenhauer ebbe la disgrazia di insegnare nella stessa università di Hegel con lui in cattedra, e dunque le sue lezioni andavano deserte quando quelle dell’altro avevano aule che scoppiavano, tanti gli studenti ai suoi corsi. Il ramingo Schopenhauer mise su un sistema che era tutto sommato una scopiazzatura mediocre della Fenomenologia dello spirito, se non per un grande colpo di teatro, invece che un punto di partenza soggettivo oggettivo, difficile da identificare, ecco la Volontà che impazza. La formula fu di successo come è ovvio, più facile inseguire la volontà che un fantasma, solo che essendo la volontà pur sempre volontà di qualcuno, nessun problema teoretico venne risolto. La filosofia di Schopenhauer è vuota come sarebbe l’interno di una zucca senza polpa. Ci devi mettere, l’arte, la musica, la compassione per darle un qualche senso compiuto e non si capisce da dove tutte queste categorie spuntino fuori. Comunque non c’è dubbio che in Schopenhauer vi fosse a suo modo del genio. Qualità che manca completamente a Popper. Egli spiega, con la pedanteria di un certosino, l’evoluzione dello Stato totalitario attraverso il pensiero di Platone e quello di Hegel incurante di 1400 anni di storia che li dividono. Il tempo in Popper è tutto raccolto nel suo palazzo. Esce sul pianerottolo di casa e trova Plato che passeggia con i suoi allievi. Popper, per essere un sociologo, possiede una conoscenza esemplare dei testi che affronta tanto da far disperare gli studiosi più preparati. È solo la percezione temporale che gli sfugge ovvero che un conto era essere un aristocratico ateniese alla fine del governo dei Trenta tiranni, un altro ben diverso essere un giovane in convitto in Germania al tempo della Rivoluzione.
La concezione dello Stato di Hegel inizia con il presupposto che quello dell’antico regime è già caduto con i suoi diciannove anni ed il primo che si ritrova in Germania è quello che oppostosi alla Francia, dalla Francia viene travolto e ricostruito. Poi verrà travolto anche il modello francese, il che pone ad Hegel non pochi problemi, escluso quello del totalitarismo. Lo Stato assoluto per Hegel non esiste, perché solo la morte è considerata assoluta. La formula dello Stato hegeliano deve contenere il “despotismo della libertà”, cioè quella del nuovo Stato borghese, che Popper ignora completamente. La dialettica hegeliana è ispirata della trasformazione della società, quella platonica dalla dissoluzione del governo a cui egli era legato.
L’errore commesso da Popper fu comune anche nelle università tedesche. Quando il nazional socialismo prese il potere, un nutrito gruppo di professori universitari si recò da Goebbels per chiedere di mettere Hegel nel pantheon della nuova Germania. Goebbels che per essere un nazional socialista era piuttosto istruito e pure intelligente, li fece arrestare tutti. Volete un pensatore totalitario? Se Hobbes è troppo lontano, provate con Heidegger. “L’essere per la morte” è tutto un programma.