Siamo profondamente grati alla senatrice Segre per le parole che ha rivolto dalla presidenza del Senato per l’inizio della nuova legislatura. La senatrice ha espresso un senso di “vertigine” per trovarsi a 100 anni di distanza dalla marcia su Roma, basandosi sui ricordi personali di una perseguitata delle leggi razziali, e pure ha espresso perfettamente il sentimento di precarietà che si rivolge sempre alla democrazia liberale. A maggior ragione se vi è una nuova guerra di aggressione in Europa. Crediamo che la senatrice Segre l’abbia guardata nei termini più corretti senza demagogia e senza retorica. Se la pace è urgente e necessaria, “la via per ricostruirla passa da un ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino”. Questa è la nostra stessa limpida posizione che bisogna divenga presto quella dell’intera nazione.
La 19esima legislatura comporta una istituzione del Senato profondamente rinnovata negli equilibri politici, dal voto ai diciottenni, ma soprattutto dal numero degli eletti ridotti a 200, Per la senatrice Segre questo significa stare più facilmente sotto gli occhi del Paese. Perché la riforma attuata nella passata legislatura non si riveli inutile, vi è la necessità di dare l’esempio, cominciando con il lasciare fuori dall’Assemblea la politica urlata da avanspettacolo. E’ tale la disaffezione dei cittadini dal voto che solo una politica nobile, può invertire una tendenza così deleterea, e forse aggiungiamo anche le forze politiche hanno più di qualche responsabilità a riguardo. Se non possiamo pretendere che ci si esprima con la gentilezza e la mitezza della senatrice, non intendiamo rinunciare a questa idea dell’alta politica da lei evocata.
La questione democratica prevede una maggioranza con il diritto e dovere di governare, e minoranze a cui affidare il ruolo di opposizione. Resta comune a tutte queste forze “l’imperativo di preservare le istituzioni della Repubblica”, che per l’appunto “non sono proprietà di nessuno”.
La stessa Costituzione repubblicana è il maggiore ancoraggio per svolgere un simile compito e nessuno più di noi può essere d’accordo con lei nel ricordo di Piero Calamandrei per cui la Costituzione non “era un pezzo di carta”. Era invece “il testamento di 100mila morti caduti nella lunga lotta per la libertà”. E’ se è vero che la Costituzione sia perfettibile, altrettanto vero è che le energie spese per cambiarla, “con risultati modesti e talora peggioratevi”, si potevano impiegare per attuarla.
Fin troppo facile per vecchi repubblicani come noi riconoscersi nelle parole della senatrice Segre. Aspettiamo di vedere che si riconosca anche l’intera comunità del nuovo Senato della Repubblica che ha ascoltato il suo discorso di insediamento.