È come quando dopo un concerto si accendono le luci e tutti se ne sono andati. Non c’è più la magia della musica, restano i rifiuti, bottigliette di plastica, patatine, magliette dimenticate, fazzoletti. La desolazione da cui oggi sono circondati i Pro Vax della sinistra irriducibile che ancora non vogliono rassegnarsi all’evidenza. È stato un fallimento, quella gestione urlata, prepotente, spaccona, liberticida, e ora tutto sta diventando chiaro, la narrazione dei mesi scorsi, il concerto, non basta a coprire la crudezza dell’evidenza.
Hanno tirato per il camice la scienza. Giocando ancora su un equivoco linguistico, come tutta la propaganda sempre fa. E cioè che le scienze naturali fossero equivalenti alla Scienza. La Scienza, quella esatta, che può permettersi di dire cose indiscutibili e vere esiste nel nostro immaginario, nella superstizione della cultura positivista. Da noi abbiamo, e dobbiamo loro il massimo rispetto, le scienze naturali. Che non sono perfette, che non sono assolute. Le scienze naturali non possono dire in senso assoluto, né garantire, tantomeno ordinare. Una certa politica ha selezionato alcune opinioni scientifiche e, con il ricatto diretto e indiretto, ha censurate le altri. Perché la Scienza, sulla Pandemia, non una un solo punto di vista, ma molteplice. La cultura scientifica è dialogo, confronto. Non imposizione di una voce sulle altre. È coro, orchestra, non assolo.
Uno dei limiti della scienza, ci ricorda Gadamer, ha proprio a che fare con il linguaggio dei fatti. Secondo Gadamer è “noto che specialmente le scienze naturali si vantano di lavorare sui ‘fatti’, là dove le altre ‘scienze’ si accontenterebbero di enunciati vaghi e approssimativi”. «Ora tutti sanno che in realtà la nozione di ‘fatto’ implica sempre un contesto argomentativi, il quale non è a sua volta un fatto ma dipende dalle aspettative e dagli interessi dell’osservatore. È noto a questo riguardo il valore propagandistico e l’efficacia psicologica del trattamento quantitativo dei fatti. Così la statistica non è tanto un mezzo di informazione quanto un formidabile strumento di propaganda volto a suggerire reazioni determinate. La critica del concetto di fatto è perciò parte integrante di ogni seria riflessione critica sulla scienza». Quindi non esistono ‘fatti puri’ ma sempre e solo fatti inseriti in un contesto rilevante, come dicevamo qualche giorno fa sulla pretesa oggettività del Data Journalism.
Un raffreddore è sufficiente a spiegare una sconfitta di Napoleone, ma questo non dimostra che tutti i raffreddori siano determinanti nei processi storici. Possiamo tornare a starnutire sereni. «La stessa cosa vale mutatis mutandis, anche per i fatti dimostrati per via sperimentale, quasi che l’esperimento non rispondesse a una domanda precisa, e non si inserisse in un preciso contesto ermeneutico dal quale dipende la rilevanza del fatto che si vuole avvertire e misurare».
Foto Joseph Wright of Derby – An Experiment On A Bird In The Air Pump, Gandalf Gallery | CC BY-NC-SA 2.0