La maggioranza di destra –centro, il governo, il presidente del Consiglio, all’unisono, sembrano concentrati nell’azione politica di difesa dagli attacchi dei 500 dimostranti anarchici di Roma (questo è il numero dei partecipanti al corteo nella capitale); ma restano invece nell’ombra tre questioni di rilevante portata economico-industriale per il futuro dell’Italia. Si tratta della rete Tim, di ITA (ex Alitalia), dell’ILVA di Taranto. Sono questi i comparti tra i più importanti e più strategici dei sistemi produttivi di un grande paese europeo. Per ognuno di questi tre dossier aperti, il governo dovrebbe prospettare chiaramente le scelte di politica industriale che intende attuare. Il ritardo è ormai insostenibile; quindi pericoloso, perché le problematiche si aggrovigliano e si complicano sempre più, e perché l’operato del governo appare indecifrabile, inesistente, insufficiente. La dinamica strategica di questi rilevanti settori produttivi non consente inerzie, pena la compromissione della competitività e dell’efficienza produttiva. Al momento sembra si assista inermi, per quanto riguarda la rete Tim, alle azioni contrastanti e contrapposte rispettivamente della Cassa depositi e prestiti (Cdp) e del Fondo statunitense Kkr; peraltro entrambi azionisti di riferimento dell’Azienda stessa. Il Fondo ha nuovamente lanciato nei giorni scorsi, dopo un precedente tentativo andato a vuoto, una Opa per acquisire l’intera rete Tim; ed eventualmente anche integrata dell’impianto di Open Fibre, di cui Cdp è azionista di maggioranza al 51,00%. E ciò mentre non si ha cognizione su come intenda muoversi Cds, al momento inoperoso ed impantanato a causa delle contrastanti visioni strategiche sulla questione dei due ministri di riferimento (Giorgetti ed Urso) del governo in carica.
Analogamente nebuloso e confuso appare sempre più l’operato governo per la definizione dell’azionariato di ITA; e quindi della completa operatività dell’azienda che opera in un mercato globale, complesso ed in forte crisi congiunturale. Il governo appena insediatosi ha annullato la decisione in precedenza assunta dal governo Draghi (ministro Franco), che aveva indicato la volontà di voler cedere ai privati la maggioranza del pacchetto azionario, riservando all’azionista pubblico una quota di minoranza. Purtroppo ancora oggi non è chiaro quale potrà essere l’approdo azionario che il governo intende perseguire. C’è sul tavolo l’ipotesi da una partecipazione di minoranza (30 – 40%) del partner tecnico Lufthansa; mantenendo invece pubblica la quota azionaria di maggioranza. Purtroppo già sappiamo cosa abbia significato l’analoga decisione a suo tempo assunta per Alitalia dal governo Berlusconi: un onere finanziario complessivo di oltre 20 MLD di euro “scaricato” sull’indebitamento dei conti pubblici.
La questione ILVA appare sempre più un vero e proprio inestricabile rompicapo, un dramma economico, industriale, sociale. Il più grande impianto siderurgico d’Europa continua al momento con una sua navigazione a vista, senza rotta e senza approdo. Quello che avrebbe dovuto e potuto essere un asset altamente strategico per l’Italia sembra perdere sistematicamente valore economico, capacità produttiva, prospettiva occupazionale. Un vero danno sistemico per il Paese, che non dispone, salvo la produzione dell’acciaio, di nessuna materia prima essenziale per il suo sistema produttivo manifatturiero . Per questo motivo risulta urgente e vitale la definizione di una moderna e tecnologicamente avanzata strategia di rilancio della siderurgia nazionale. Deve essere questa la priorità per il governo, riservando quantomeno la medesima attenzione che al momento viene concentrata verso i distributori di carburante, gli operatori balneari, i tassisti.