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Dopo almeno vent’anni di storture, speculazioni e devastanti crisi economiche e sociali ci sono arrivati pure al MEF.
La conferenza plenaria di Consulentia 2024, importante evento finanziario tenutosi in questi giorni, ha visto la presenza di Federico Freni, sottosegretario al Ministero dell’Economia e Finanze, che ha rilasciato una interessante intervista a Class Cnbc.
L’Italia, ha spiegato Freni, potrà avere una vera crescita vera “solo quando una buona fetta del nostro risparmio privato potrà andare verso l’economia reale”.
A dire la verità, le dichiarazioni del sottosegretario sono abbastanza generiche ma perlomeno è stato detto qualcosa su questo punto.
L’economia, è una banalità dirlo, può avere grande spinta dai risparmi privati soprattutto in un momento in cui la finanza pubblica, vuoi per difficoltà di cassa vuoi per regole UE vuoi ancora per impostazione ideologica, non può o non vuole agire.
Il risparmio privato, di nuovo e come abbiamo già scritto su La Voce Repubblicana, è una delle chiavi del successo dell’economia.
Il tasso di risparmio delle famiglie italiane, purtroppo, è al di sotto della media europea (12,70% – dati 2022) e dietro alla Germania (19,90%) e alla Francia (17,10%) attestandosi solo al 9,80%. Il tasso di risparmio italiano convogliato poi all’economia reale è il 4%, un dato che va necessariamente migliorato.
C’è molto da fare insomma, ma vanno anche considerati alcuni aspetti distorsivi di questa analisi: il tasso di risparmio è calcolato sul reddito disponibile ossia il denaro che rimane dopo aver pagato le tasse, non tenendo conto delle spese quali mutui e caro vita. È quindi evidente che l’inflazione e l’andamento dei tassi erodono la effettiva capacità di risparmio e il dato che abbiamo esposto va pertanto letto alla luce di questo chiarimento.
Ad ogni modo: poco o molto che sia il risparmio privato è un volano importante per l’economia reale e quindi per il benessere di tutta la nazione.
Alcuni strumenti sono stati già approntati in passato, ad esempio i Piani Individuali di Risparmio (PIR). Tuttavia questi strumenti, a leggerli bene, sono nati più che altro per sviluppare il mercato finanziario e invogliare le imprese italiane di minori dimensioni a emettere strumenti finanziari per raccogliere risorse piuttosto che ricorrere al credito bancario.
Insomma: siamo di nuovo nell’economia di carta.
Un ruolo chiave, per una seria riforma del settore, dovrebbe sicuramente svolgerlo Cassa Depositi e Prestiti che necessariamente va mantenuta nella più rigorosa indipendenza.
Questo aspetto è stato chiarito proprio dal direttore finanza, amministrazione e controllo di Cdp, Fabio Massoli, sempre nell’evento di Consulentia 2024.
Massoli ha dichiarato che Cassa Depositi e Prestiti può “fungere da cinghia di trasmissione, raccogliere il risparmio degli italiani e reinvestirlo nell’economia reale”. CDP a oggi raccoglie circa il 7% del risparmio privato italiano e investe circa 400 miliardi nell’economia reale attraverso “finanziamenti alla Pa, alle infrastrutture, ma anche strumenti di rischio e destinati alla crescita delle Pmi, fondamentali per supportare lo sviluppo del Paese”.
Bene, quindi siamo tutti d’accordo ma ora bisogna anche trovare, o creare, gli strumenti adatti.
Facendo un esempio: una delle idee allo studio per finanziare il progetto di difesa europea è quello dei defence bond cioè obbligazioni finalizzate a finanziare il settore militare.
Ampliando ad altri strumenti già esistenti possiamo citare anche i social impact bond cioè obbligazioni emesse per finanziare determinati progetti con importante impatto sociale (ad esempio i green bond per la transizione energetica) la cui remunerazione è legata al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
La storia recente, nel caso italiano ma anche europeo, dimostra che i cittadini della UE hanno fiducia nel debito pubblico degli stati membri perché acquistano in grande quantità i titoli del debito sovrano emesso.
Lo studio di titoli specifici, magari proprio di Cassa Depositi e Prestiti, finalizzati a singoli progetti dello stato, ovviamente di ampia natura, o a raccogliere risorse per finanziare le PMI pare la strada migliore e anche più semplice.
Il titolo verrebbe garantito dallo stato, beneficerebbe di una tassazione pari a quella degli altri titoli di stato (cioè il 12,50% contro il 26%) e potrebbe prevedere, come i Btp Valore e i Btp Italia, un premio fedeltà se tenuto a scadenza ma col vincolo del suo utilizzo per specifici obiettivi di economia reale.
Qualche volta la finanza è una cosa semplice, questa pare essere una di quelle volte.
Al MEF ci arriveranno?
Consulentia 2024