Così come bisogna aspettare di vedere nascere il governo, aspetteremmo a dare per scontato il ruolo dell’opposizione. Il quadro politico post elettorale deve ancora comporsi con una sufficiente chiarezza e questa è in pieno movimento. Il centrodestra, beato chi crede che questa non sia un’onda vera sospinta dall’astensione, ha vinto le elezioni. Che poi abbia i numeri per governare è tutt’un altro paio di maniche. Guardiamo anche solo al siparietto di Bossi, che appena confermata la sua elezione, ha dato vita ad una specie di corrente prossima a poter sfidare la segreteria. Il centrodestra ha vinto, ma non c’è più nessuna coalizione autentica di centrodestra, come non ce n’era nessuna possibile di centrosinistra. Vi sono solo dei partiti che non sanno gestire la crisi che li ha investiti, il Pd, ma anche e forse peggio la Lega.
Salvini ha detto con la superficialità dell’imbarazzo che è meglio cinquanta deputati al governo che cento all’opposizione. Bisogna vederli questi 50 deputati al governo, se tutti ci entreranno, se prima non occorrerà capire se la Lega rinunci al progetto politico nazionale per riscoprire la sua vocazione federalista, e persino se mai, perché no, possa patire un rigurgito secessionista.
Anche la partita del cosiddetto Terzo polo è tutt’altra che decisa eppure abbiamo letto analisi abborracciate e permetteteci forse dettate dal risentimento. Si presume sempre che gli altri facciano quello che noi si ritiene giusto. La tenuta elettorale di Berlusconi può avere degli effetti su delle componenti appena acquisite al partito di Calenda ed è vero che Berlusconi ha imboccato una parabola declinante e sarebbe più facile credere che possa cedere ancora dei pezzi, ma bisognerà vedere quale ruolo avrà nel governo e se saprà esercitarvi un fascino. La tenuta parlamentare del vecchio Partito repubblicano italiano era data dal sistema proporzionale, eppure, abbiamo visto dei suoi esponenti pronti a votare per un governo che la direzione nazionale aveva appena bocciato e se ripresi per la giacchetta, hanno continuato solo a pensare a come tornare il prima possibile al governo. Il Terzo polo che non è il vecchio partito repubblicano e aspetteremmo a definire il nuovo, avrà problemi anche più gravi. Sotto questo profilo Calenda va apprezzato quando ha subito rigettato un patto fra le opposizioni. Per lo meno si aspetti che si formi il governo.
Se proprio dovessimo dire chi se la passa meglio di tutti, non è l’onorevole Meloni prossima a formare un governo che il giorno dopo potrebbe dover affrontare una guerra nucleare, ma l’onorevole Conte. Intanto è riuscito nel capolavoro di aver fatto di una perdita di sei milioni di voti un trionfo. Non esiste più il movimento cinque stelle esiste, una sua creatura personale. Poiché Conte nella passata legislatura si è alleato con la Lega, con il Pd, con Forza Italia, cosa impedisce che in questa possa allearsi anche con Fratelli d’Italia? Non lo si creda così determinato a svolgere un ruolo di opposizione. Se mai invece lo svolgesse, questo sarebbe un ulteriore problema per il partito democratico, perché abbiamo visto che il personaggio non ha scrupolo alcuno nel battere i tasti di una demagogia che il Pci, non il Pd, aveva abbandonato dagli anni 50 del secolo scorso.
Una sola nota sul vecchio partito repubblicano, l’altrettanto vecchio Ugo La Malfa, diceva che se lui mai si fosse messo ad agitare i temi della rivolta sociale avrebbe preso il venti per cento, ma che si sarebbe guardato bene dal farlo. A questo senso di responsabilità che presuppone anche un’analisi della realtà politica rigorosa, occorre ancora attenersi e continuare ad ispirarsi, politicamente nuovi o meno che si sia.