Sigfrido Ranucci è un cattolico praticante. Lo apprendiamo da Wikipedia. La fonte è un’intervista di Lucio Giordano pubblicata da Di più questa estate, di cui è significativo il titolo: «Sono molto religioso e soffro quando le mie inchieste accusano la chiesa». Soffre. E cosa dà per scontato Ranucci? Che la chiesa non è la sua deviazione. Che è possibile vivere un sentimento religioso, nella chiesa, che prende le distanze dalla deviazione. Abbiamo già scritto, e credo in maniera molto efficace: abbiamo ben chiaro che la fisiologia della chiesa non è le sue (eventuali e tutte da dimostrare) patologie. E quando la patologia si dimostra, ecco che arrivano gli anticorpi. «La chiesa non è questa», subito dice Ranucci. E ha ragione. Non è questa quando si parla di affari, non è questa quando si parla di pedofilia. Non è questa perché il suo cuore è quello dei milioni di fedeli, le tante persone per bene che ‘credono’.
Quello che concede alla Chiesa, Ranucci non lo concede alla Massoneria. Su Report per carità, si parla di ‘Massoneria deviata’ quindi l’ascoltatore attento dovrebbe pur dare un peso a quell’aggettivo. Se è deviata, deve pure esistere una Massoneria che non devia. Solo che dai toni dello spiegone di fine trasmissione sembra tutto confondersi, ancora una volta sembra capire che se uno è massone, non è per questione valoriale, o filosofica, come dovrebbe essere (e come è nella quasi totalità dei casi). No, se uno è massone gratta gratta qualche altra motivazione ci deve essere e quindi un massone va sempre guardato a vista e magari punito in anticipo perché di sicuro sarà maneggione, e vicino alla ‘Ndrangheta o alla Mafia. Che sarebbe come addossare gli stessi sospetti a tutti i circoli bocciofili in Italia, perché due o tre criminali sono stati visti col pallino in mano.
Si possono avere idee forti e totalitarie: per esempio l’essere cattolici presume un punto di vista giusto e gli altri sempre e comunque nel torto. Da qui un concetto di tolleranza molto particolare. Una tolleranza che non è la accettazione della diversità come arricchimento (come avviene nelle culture laiche e liberal-democratiche mature) ma piuttosto una “sopportazione”. Da qui la tendenza a giudicare. Solo che così si fa il solito giornalismo tra virgolette, quello partigiano che serve solo a screditare. Noi abbiamo bisogno di qualcosa di finalmente sano e di libero da ogni pregiudizio. Ranucci, provaci almeno. E vedrai che non soffrirai nemmeno in questo caso.