Il bello della vicenda è che nel 2014 l’onorevole Bersani disse di volere una legge elettorale per cui il governo venisse eletto la sera stessa delle elezioni. Per fare quello che proponeva Bersani, il successivo segretario del Pd Renzi propose una riforma costituzionale per cui gli italiani scegliessero il governo, non il parlamento. Gli italiani vi hanno visto un terribile tentativo dittatoriale, bocciarono il referendum e la legge elettorale viene riformata aumentando la quota proporzionale. Morale, il partito che voleva eleggere direttamente il governo non riesce nemmeno più ad eleggere il parlamento. A cinque giorni dal voto mancano 44 parlamentari. Con il Mattarellum ne mancarono solo 11 e si pensò bene, in barba alla lettera della Costituzione, di convocare le Camere lo stesso, inaugurando la prima evidente legislatura incostituzionale della storia repubblicana. Il numero dei parlamentari non è un’opzione nel momento nel quale viene fissato dalla Costituzione, articolo 56. Se lo si modifica per ridurlo di un terzo, vai a capire il motivo, ci manca solo una nuova riduzione per incapacità del ministero di fare i conteggi. Il ministro Lamorgese è stato bravissimo quando si trattava di obbligare i bambini a fare il giretto dell’isolato, lo è stato meno ora che si tratta di interpretare una legge vigente.
L’onorevole Letta, degno successore di Bersani alla guida del Pd, si è lamentato della legge elettorale scritta dal suo partito durante la campagna elettorale. Poteva preoccuparsi di cambiarla durante la legislatura in corso, invece di votare la riduzione dei parlamentari e peggio ancora non si è preoccupato degli effetti che la riduzione dei parlamentari avrebbero avuto su una tale legge elettorale. Un partito serio, responsabile, prima di modificare la costituzione su un capitolato di questa rilevanza, modifica la legge elettorale.
Ora una legge elettorale non incide di per sé sulla democrazia di un paese. In Gran Bretagna lo Sinn Féin con lo 0,9 per cento, poco meno di 172 mila voti, può ottenere anche 5 parlamentari eletti. Questo quando partiti che prendono più di 900 mila voti, il 3,1 di percentuale che agogna la senatrice Bonino, non eleggono nessuno. Nel 2010, i liberal democratici inglesi, con 6.836.248 voti e il 23 per cento dei consensi, spuntarono 57 seggi. I socialdemocratici, con 8.606.517, sei punti percentuali in più, ben 258. Eppure, nessuno dice che la legge elettorale rende l’Inghilterra meno democratica. La democrazia significa poter disporre di una legge elettorale quale che sia, il problema è solo relativo alla costituzionalità della legge e l’Inghilterra, infatti, non dispone più di una costituzione dall’800. L’Italia invece ha ancora una Costituzione scritta che dispone come prioritario la sovranità del Parlamento, non la stabilità del Governo. Le forze politiche, a cominciare dal Pd, che si definì partito a vocazione maggioritaria, hanno posto la questione della stabilità, pensando di risolverla a colpi di legge elettorale. L’attuale legge elettorale garantisce la stabilità non c’è dubbio, il dubbio, che poi si estende a tutte le leggi elettorali maggioritarie imposte, ci permettano le eccellenze della Consulta, è, che tale legge, sia anche costituzionale.
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