Al momento non sembra che il governo Meloni abbia svolto una concreta e seria riflessione circa gli effetti e le ricadute economiche e finanziarie sul sistema Paese, in conseguenza delle politiche monetarie messe in atto dalla BCE per contrastare la forte inflazione in atto. Tantomeno, conseguentemente, si riscontrano nelle decisioni governative linee strategiche ed operative finalizzate a mitigare gli effetti indesiderati collegati agli interventi della Banca centrale. Purtroppo al momento un dato rimane certamente acquisito: la BCE continuerà ancora per molti mesi con gli interventi di aumento del costo del denaro. Questa strategia risulta essere ormai ampiamente consolidata; ne è conferma la recente dichiarazione di Isabel Schnabel, nota economista tedesca e componente del direttivo della BCE, che prospetta l’incremento dei tassi passivi fino al 5%, rispetto all’attuale 2,5%.
Ma non finisce qui. Infatti la Bce avrebbe deciso di NON più ricomprare integralmente (verrebbe introdotta mensilmente infatti “una franchigia” di 15 MLD complessivi), dopo il prossimo mese di marzo, i titoli del debito pubblico oggi in portafoglio.. In questa ipotesi, l’Italia nel 2023 dovrebbe accedere al mercato finanziario per un importo pari a circa 500 MLD di euro per finanziare il fabbisogno di bilancio 2023, la quota di debito storico che arriva a scadenza, lo stock di debito italiano a termine detenuto dalla BCE, e che la stessa ritiene di non più ricomprare. Ma ancora non è tutto! Infatti alla fine del 1º trimestre 2023 si esaurisce il finanziamento previsto nella legge di stabilità per il sostegno in favore delle imprese e delle famiglie per la riduzione della bolletta energetica. Ma si esaurisce anche la disponibilità finanziaria per il bonus benzina di 200 euro. A meno di eventi del tutto inimmaginabili, a partire dal 2º trimestre 2023, il governo dovrà definire come finanziare le proroghe dei benefici di cui sopra; a meno di non più proseguire con l’azione di sostegno. Escludendo una tale ipotesi, al momento deprecabile, restano teoricamente possibili due prospettive di intervento: con azioni di bilancio (tagli di spesa e/o nuove entrate tributarie), oppure un aumento del deficit di bilancio, che comporterebbe necessariamente un ricorso ai mercati finanziari; e quindi un aumento del già consistente debito pubblico.
Come tutto ciò potrebbe incidere, in termini di maggiori costi per interessi, sul deficit di bilancio 2023? Al momento non sembra che tutto ciò sia all’attenzione del governo; ma nemmeno del sistema politico nazionale.
Non credo sia utile ed opportuna una “omologazione” di interventi in USA ed in Europa per la gestione della (“tassa”) inflazione. In Europa, e soprattutto in Italia, sono necessari interventi fiscali di bilanci o in relazione alle FORTISSIME preoccupazioni che la BCE, con sempre maggiore intensità, esprime ufficialmente e pubblicamente circa la prospettiva di probabili aumenti dei salari e stipendi nominali; che potrebbero portare ad ulteriormente accentuare la dinamica inflattiva, e quindi le politiche restrittive monetarie. Oggi sarebbe il momento per un rilancio in grande stile in Italia di una efficace politica dei redditi che colleghi organicamente produttività, salari-stipendi, investimenti pubblici e privati. Ma il governo non sembra avere la cultura politica necessaria, ed i partiti sembrano concentrati ad osservare il loro ombelico. Chi può fare qualcosa, la faccia. Se non ora, quando?