Nemmeno un anno dopo l’ascesa al potere di Khomeini, l’Iran si trova ad affrontare un pericolo mortale, l’espansionismo di Saddam Hussein, il dittatore dell’Iraq. Così come Assad, anche Saddam appartiene ad una minoranza nel panorama etnico irakeno. Egli, infatti, è un sunnita di Tikrit, ed in Iraq i sunniti sono solo un quinto della popolazione, contro i quattro quinti sciiti. Ma la classe dirigente è sempre stata sunnita. Saddam è di idee baathiste, e strizza reiteratamente l’occhio all’URSS.
Il regime religioso iraniano, e quello laico irakeno entrano, immediatamente, in conflitto. Mentre il petrolio iraniano stenta a trovare mercati dopo la deposizione dello Scià, quello irakeno ha finanziato un potente piano di sviluppo atomico che, se piace molto ai francesi, fornitori della tecnologia nucleare a Saddam e partners privilegiati nell’estrazione con Total, piace molto meno agli Ayatollah, preoccupati dell’arroganza di Saddam, ed ancora meno ad Israele, che teme un Iraq potenza nucleare regionale ed i suoi collegamenti con i regimi baathisti, ancora in vita dopo la tregua con l’Egitto.
Dal punto di vista militare l’Iran non è messo bene. Gli ufficiali superiori fedeli allo Scià erano stati tutti rimossi o eliminati. I nuovi ufficiali erano assolutamente impreparati. L’arsenale non adeguato e la logistica inesistente. Le casse dello stato vuote, nonostante la ricchezza di risorse. Al contrario, Israele sta vivendo un periodo di crescita industriale molto importante. L’ultima guerra, quella del Kippur, è stata superata con difficoltà ma con successo, il Libano è un caos che sembra gestibile, e l’industria militare ha bisogno di “carburante” per garantire la difesa territoriale ed il continuo upgrade a cui la costringono le minacce nello scacchiere locale.
Questa congiuntura porta quindi a contatti segretissimi, tra Iran e Israele. Se pubblicamente gli Ayatollah definiscono Israele il Piccolo Satana e gli dichiarano odio eterno, se espropriano l’ambasciata israeliana a Teheran e la regalano all’OLP di Arafat, nei corridoi delle diplomazie internazionali si accordano con gli israeliani per avere supporto nel conflitto contro Saddam e l’Iraq. Nei primi anni del conflitto, che si trascinerà fino al 1988, Israele fornirà l’80% del materiale bellico iraniano. In un accampamento ultrasegreto a nord di Teheran, consulenti militari Israeliani formavano i nuovi ufficiali iraniani, mentre in piazza, nella capitale, le bandiere con la Stella di Davide venivano bruciate. Mentre Khomeini professava fedeltà eterna alla causa palestinese, istruttori e tecnici israeliani mantenevano efficiente l’aeronautica militare iraniana.
Tutto questo sforzo logistico veniva ricompensato attraverso una pipeline nascosta, che portava il petrolio iraniano fino in Israele. Ma Saddam, nel frattempo, non era rimasto a guardare e, grazie all’aiuto sovietico manteneva alto il potere del suo esercito e, grazie a quello francese, stava mettendo a punto il suo programma nucleare. Israele non poteva permettersi di avere un nemico giurato, dotato di atomica, tanto a ridosso dei suoi confini. Così, oltre all’aiuto logistico, Israele si trova a dover fornire, indirettamente, un aiuto sul campo. Il 7 giugno 1981, una squadriglia di cacciabombardieri F16, ed una di intercettori F15, decollano dalla base aerea Israeliana di Etzion, nel Sinai e, senza scali o rifornimenti in volo, distruggono il reattore nucleare di Osirak, in Iraq.
Purtroppo, mentre l’Iran godeva dell’aiuto israeliano, già pianificava gli strumenti per realizzare il sogno di un califfato sciita che si estendesse dal Golfo Persico al Mediterraneo. Il primo passo, come abbiamo visto, fu la creazione delle Guardie Rivoluzionarie, i Pasdaran. Una forza militare fanaticamente fedele al regime che venne immediatamente utilizzata nella guerra contro Saddam.
Il passo successivo fu la creazione, in Libano, di Hezbollah. Una milizia sciita che, in un primo tempo, si avvalse del supporto, e dell’addestramento, dei miliziani palestinesi dell’OLP, per poi scaricarli, dopo l’ingresso dell’esercito Israeliano nel sud del Libano. Nel frattempo, con la pazienza tipica dell’espansionismo islamista, gli imam sciiti creavano proselitismo in Siria prima ed Iraq dopo la fine della guerra.
Israele, dunque, era riuscito a contenere il pericolo rappresentato dalla corsa al nucleare di Saddam, ma al costo di aver addestrato ed armato, un nemico ancora più pericoloso. Il nemico del mio nemico, è mio amico, dice un vecchio adagio, finché il mio amico di oggi non diverrà il nemico di domani.
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