L’onorevole del consiglio Regionale Siciliano Santo Primavera ci ha inviato il seguente articolo, che volentieri pubblichiamo
di Santo Primavera
La storia repubblicana è connotata da diverse intuizioni che ne hanno distinto la profonda identità politica. La discussione seguente, ancorché accesa e il confronto democratico ne hanno rappresentato l’humus dialettico. D’altronde Giovanni Spadolini, quasi in chiave rinascimentale, erano altri tempi, definiva la politica come attività completa per l’uomo. La profondità culturale del pensiero repubblicano garantisce a distanza di più di un secolo dalla sua fondazione la stessa sopravvivenza politica del partito. Per questo il nome repubblicano spesso è stato motivo, da Berlusconi a Salvini, di speculazione elettorale. Le stesse politiche comunitarie di oggi si originano dagli sviluppi risorgimentali delle prime società operaie a cui si rivolgeva Giuseppe Mazzini in polemica con il socialismo.
Ma già dalla fine del Settecento possiamo parlare di un partito repubblicano che si pone il problema dello sviluppo sociale e dell’autonomia dei diversi territori italiani in una prospettiva di unità nazionale.
Autonomia e unità, sono due concetti rimasti al centro del dibattito politico attuale. Come si riesce a raggiungere l’autonomia garantendo l’Unità della nazione? Le radici giuridiche regionaliste della Sicilia rappresentano un esempio storico importante. Lo Statuto siciliano nel suo articolato è impregnato di cultura giuridica socialista, di politica indipendentista e sincero spirito repubblicano.
Il problema siciliano nei decenni è stato però racchiuso nella qualità delle classi dirigenti che non hanno saputo e voluto realizzare le ragioni profonde dell’autonomia siciliana. Ciò che Joseph La Palombara aveva descritto nel suo viaggio in Italia “come sistema di parentela e clientela partitica”, specialmente in Sicilia, è degenerato nella figura del parlamentare siciliano sempre più “imprenditore del consenso clientelare personale con conseguenze nefaste sul governo delle istituzioni. A ciò si aggiunge la presenza onnivora della mafia che pervicacemente si è infiltrata nelle istituzioni.
Il problema siciliano nei decenni è stato racchiuso nella qualità delle classi dirigenti. Joseph La Palombara aveva descritto l’Italia del secondo dopo guerra come un “sistema di parentela e clientela” partitica, dove il parlamentarismo, specialmente in Sicilia, degenera in un consenso clientelare personale, con conseguenze nefaste per il governo come per le istituzioni. A ciò si aggiungono, come tristemente sappiamo, i danni devastanti prodotti dalla presenza onnivora della Mafia.
La questione morale rilanciata nei primi anni ’80 da Giovanni Spadolini, nasce come epiteto politico contro il malaffare, la corruzione morale e materiale della partitocrazia. Ancora oggi serve una cesura netta nei confronti di chi già condannato con sentenza passata in giudicato per reati di associazione mafiosa o connessi a questa, vorrebbe partecipare direttamente all’agone politico elettorale.
Il segretario siciliano del partito repubblicano, Pietro Currò ha portato in votazione al 50esimo congresso nazionale una mozione sulla questione morale. Soprattutto la Sicilia ha bisogno di una classe dirigente onesta, preparata e capace, che sappia realizzare nel contesto attuale una politica all’altezza delle problematiche e le profonde ragioni dell’autonomia. Il presente scenario internazionale concorre ad acuire le differenze storiche fra Sud e nord Italia. Ancora una volta è in gioco l’unità del nostro Paese. Nessuno può permettersi un’Italia a due velocità.
Il movimento “Sicilia Vera” di Cateno de Luca, l’ex sindaco di Messina candidato Governatore in Sicilia, propone una nuova chiave di lettura del rapporto Nord Sud. Il Sud aspira ad un vero e forte movimento popolare per aprire un dialogo politico, schietto e sincero con il Nord, per poi confrontarsi insieme con l’Europa. L’Italia ha bisogno di un sistema paese unito che sia competitivo con le altre nazioni europee. Basta con la retorica storicista e per di più fallimentare dei rapporti fra Sud Nord, servita solo ad alcuni movimenti opachi di piegare il consenso popolare a finalità personali. La cultura repubblicana può costituire il collante per creare una nuova forza elettorale che sappia rappresentare le ragioni del popolo siciliano e meridionale e creare un nuovo spazio politico utile a rilanciarle.
Foto CC0