Nonostante si sia fatto di tutto per distinguere le elezioni regionali da quelle nazionali, sistema elettorale, elezione diretta del presidente, riforma costituzionale del Titolo V, il voto amministrativo diviene sempre un giudizio sul governo. Ieri Emilia Romagna ed Umbria, come prima la Sardegna, hanno emesso una sentenza sfavorevole. La maggioranza di governo avrebbe tenuto solo in Liguria dove pure i partiti che ne fanno parte hanno ceduto il passo alle liste civiche a sostegno del candidato governatore. Anche in Liguria, infatti il partito più votato è il Pd come in Emilia Romagna. Se il voto in Emilia Romagna assicura un modello politico sperimentato con successo, in Umbria. il centro destra non riesce a confermare il presidente uscente, e la proporzione di questa disfatta è la più grave, dal momento che significa come la classe dirigente locale di centro destra non supera la prova del consenso elettorale. Anche in Liguria il centrodestra aveva vinto con un uomo d’area, non di partito.
Mentre il partito democratico ha ritrovato forza ovunque e non solo per la bontà dei candidati espressi. L’avversione per il governo si è polarizzata intorno alle liste della Schlein dal momento che Conte, oltre ad essere stato alleato della Lega, ancora traffica con la maggioranza sulla Rai. E il secondo miglior vincente è il partito verdi sinistra, a garanzia dello scontro bipolare. I riformisti in senso proprio sono marginali nella vittoria in Emilia Romagna, ed in Umbria acquisiscono appena un rilievo maggiore a dimostrazione che anche quando sono decisivi, non portano il pieno dei loro voti in un accordo tanto largo. In Umbria l’elettorato ha cambiato strada ed i repubblicani dovranno tornare a lavorare su un territorio in cui affondano radici antichissime che bisognerà saper riesumare.
L ‘Emilia Romagna messa alla prova duramente in questi ultimi anni ha reagito con estremo vigore e si è stretta intorno a De Pascale. Si comprende che Azione ed i repubblicani possono fornire un contributo di qualità alla Regione, non ancora numerico. Il .segretario del Pri di Bologna, Mazzotti, ha sottolineato che si tratta di un punto di partenza. La strada è molto lunga. Un conto infatti è vincere, un altro completamente diverso governare e le distanze fra gli alleati, se si accorciano in un’elezione locale, tornano rilevanti appena si rimette in ballo la guida del paese. Per questo la destra centro nonostante la batosta non può darsi come sconfitta anche se non perché più coesa. Principalmente, perché finora più ipocrita.
Per avere un quadro più significativo del trend nazionale bisognerà necessariamente aspettare la prossima tornata regionale considerando i problemi dell’astensione e la necessità di assicurare comunque all’elettorato un’alternativa di governo percorribile, per lo meno sul piano locale. Il che significa fondamentalmente. uomini e programmi. Poi bisognerà valutare se si è anche in grado di tessere una tela tanto spessa e convincente da riuscirsi a liberarsi di una maggioranza politica che sta governando l’Italia come peggio era difficile immaginarsi.