È illusorio credere di aver chiuso con il passato quando esso stesso non ha affatto chiuso con noi. Così è illusorio credere di aver chiuso definitivamente con Hegel anche se ci si è sempre affrettati, e dalla sua morte, a dichiarare finita la partita. Ed era una partita mica da poco. Si trattava di una grande sfida, quella della Ragione, a comprendere il mondo, a investire tutto di un senso, ad accedere al Sapere Assoluto. E in questo immenso compito conoscitivo tutto è in correlazione, anche la politica, anche lo Stato.
Ecco, malgrado Schopenhauer, malgrado Nietzsche, malgrado Popper, malgrado la dialettica negativa di Adorno, malgrado Heidegger, Hegel è ancora qui, senza bisogno di un Benedetto Croce che ci debba spiegare cosa è vivo e cosa è morto. Perché Hegel non lo puoi mettere in soffitta così facilmente e tutto del suo pensiero torna. Torna quando epistemologie affrettate vengono spacciate per scienza. Torna quando abbiamo bisogno di una terza via, quella che tanto piaceva anche a Mazzini, che ci dia uno Stato, senza per questo sacrificare l’individuo, anzi torna quando nello Stato l’individuo può trovare il luogo in cui sentirsi Riconosciuto come soggetto, portatore di valori e di dignità. Così almeno Hegel riletto e attualizzato da Axel Honneth.
Mauro Cascio ce lo ha ricordato più volte, anche qui su La Voce Repubblicana. La Filosofia non è un sapere finalizzato a se stesso, un solipsismo dotto per tirar ogni tanto qualche aforisma e vedere di nascosto l’effetto che fa. La Filosofia è comprensione rigorosa delle cose e deve tornare a compiti alti e nobili. Cioè riappropriarsi del suo ruolo per mettere a fuoco il nostro destino. Così anche nel suo intervento a Rai Cultura – Filosofia di qualche giorno fa, Cascio è tornato a sottolinearne l’attualità, parlando nel suo intervento della ricezione italiana dell’hegeliano nell’Ottocento. La tradizione, scriveva qualcuno, non consiste nel mantenere le ceneri ma nel mantenere viva una fiamma.